Sulle note di “Ameno” di Era si è svelato, sabato sera, in uno dei tappeti erbosi di piazza Dante, il Talos di marmo, nato dalle mani di Max Di Gioia, e donato alla città e all’Amministrazione comunale per volontà dell’autore e dell’Associazione culturale Talos, promotrice del progetto.
Il disvelamento è avvenuto dopo la presentazione, moderata dalla scrittrice Mariella Medea Sivo, con Antonio Stasi, presidente dell’Associazione Talos; il sindaco Pasquale Chieco; l’assessore alle Politiche di Comunità Monica Filograno; Max Di Gioia; l’architetta Lidia T. Sivo, coordinatrice del progetto e il professor Alberto D’Atanasio, storico e critico dell’arte.
La statua, alta più di tre metri, è stata scolpita dall’artista con scalpello e mazzuolo, “alla maniera arcaica” nell’arco degli anni tormentati della pandemia Covid, in un solitario atelier in campagna. Il racconto di quei mesi, tra momenti di esaltazione e altri colmi di dubbi, è affidato non solo a un docufilm ma soprattutto al libro autobiografico “Menta, marmo e mito” dello stesso scultore dove emergono tre figure che lo hanno guidato in questa impresa: il nonno Paolo che gli ha trasmesso l’amore per l’arte; il compianto scultore toscano Filippo Dobrilla che, prima di morire, incoraggiò Max con le parole «Dai, Max. Tira fuori il gigante dal marmo»; e una volpe che gli “suggerì” come superare un ostacolo che rischiava di bloccare l’impresa.
Ma il libro, con prefazione di Erri De Luca, è anche l’omaggio a coloro che hanno creduto in lui e gli hanno affidato il compito di creare un’opera d’arte ritenuta identitaria: come Antonio Stasi; come Giuseppe Nino Mazzone i cui finanziamenti hanno consentito l’acquisto del blocco di marmo; come i 111 operatori economici ruvesi che hanno aderito alla campagna di crowdfunding organizzata dalla stessa Associazione; il sindaco Chieco e l’assessora Filograno che hanno subito creduto nella bontà del progetto che va ad arricchire il patrimonio di Ruvo Città d’Arte, a cui è stato restituito il Museo nazionale Jatta, riaperto lo scorso 19 ottobre, e presto si arricchirà del Museo Civico Archeologico nell’ex Convento dei Domenicani.
Nel corso della presentazione sono stati ringraziati tutti i protagonisti di quella che è ritenuta un’avventura epica che va anche oltre i confini nazionali, come affermato dal professor D’Atanasio che ha ricordato le commosse parole di Irina Mamontova, membro dell’Unione degli Artisti della Russia nonché dell’Associazione Internazionale delle Belle Arti – Iaa Aiap Unesco, sull’opera di Max Di Gioia. «Dalla Russia sarebbero venuti qui ad ammirare la scultura di Max, ma la guerra ha fermato tutto» ha sottolineato il professore.
E il Talos di Max Di Gioia, lontano dai canoni classici e perfetti dell’arte antica e rappresentato secondo una personale visione che tende a dare rilevanza al sentimento e alla carne viva dell’uomo, esprime il dolore per l’ingiustizia di un destino crudele e la ribellione allo stesso. Di Gioia in Talos non vede l’automa, ma un uomo, con le sue fragilità (qui il video Facebook della presentazione).
La statua di Talos e le sedute
Il Talos di Di Gioia, lavorato con scalpello e mazzuolo, non è raffigurato secondo l’iconografia tradizionale, abbandonato tra le braccia dei Dioscuri come nel vaso attico di Ruvo di Puglia, o alato come su una antica moneta proveniente da Festo. È rappresentato nell’attimo in cui cerca di strapparsi dal calcagno, nel punto in corrispondenza dell’unica vena, la freccia scagliata dall’argonauta Peante. Per compiere questo ultimo gesto, che rivela la pallida eco della sua forza, il gigante si inerpica sulla radice di un ulivo.
La statua, alta 3 metri, è stata posta su un piedistallo circondato da sedute, co-progettati con l’architetta Lidia T. Sivo. Sul piedistallo sono riproposti alcuni stilemi della Torre: l’attacco a terra ricorderà il rivellino della Torre del Pilota; il fusto circolare, del diametro di 1.30 m, è decorato da un fregio di ramoscello d’ulivo e da una formella con il calco della mano dell’autore. A chiudere un capitello in stile dorico, coevo alla creazione del vaso di Talos. Il piedistallo è realizzato da un’azienda di Andria in pietra di Apricena, materiale utilizzato per la riqualificazione urbana. Le sedute, inoltre, sono state concepite come evocazioni delle anse del vaso e sono realizzate in blocchi di massello di Apricena, stereotomicamente assemblati con innesti che ne garantiscono la stabilità. Sulle sedute sono scolpiti i nomi di coloro che hanno contribuito significativamente al progetto.
La collocazione in piazza Dante, avvenuta con l’approvazione della Soprintendenza al Paesaggio e di concerto con le Aree 5 e 8 del Comune di Ruvo di Puglia, è avvenuta nella notte tra giovedì e venerdì
La recensione di Irina Mamontova
«Lasciatemi scrivere alcune parole sulla statua di Talos. Sono deliziata sia dall’opera in sé – la statua di Talos, sia dalla decifrazione del significato profondo di questo Essere Divino. La mia sensazione più profonda è la tempestività dell’evento. Abbiamo bisogno di miti, di quei miti antichi in cui si stabilisce il ciclo più profondo degli eventi.
La gioventù moderna costruisce i propri miti, lo spazio virtuale è vario e allettante, ma questo mondo (mondo virtuale) è un prato verde, che col tempo si trasforma in una palude.
La scultura di Talos è piena di vita, sofferenza e sangue…
Non lo sappiamo, forse questo essere di ordine superiore era originariamente un androide… non lo sappiamo. Ma, molto probabilmente, questo è un simbolo: una connessione perduta con il flusso vivificante divino all’unisono con l’Universo.
Sento che è ora di leggere i miti alla lettera.
L’immagine di Talos in marmo è toccante. Questa è la sua caduta, la forza che sta perdendo. Domanda, domanda negli occhi… È un disastro avere il potere e non controllare la situazione. Una questione di coerenza, una questione di unità con il momento, il momento che è adesso. Il Grande “Dono del Momento”, un momento che può sollevarti o abbatterti. Senti l’attimo… di acqua (secondo la leggenda) e non morire di astuzia, di tradimento. Ma il corpo è fragile, anche un gigante come Talos soffriva di un microforo…Forse l’errore principale di Talos, secondo la leggenda, è quello di non dare acqua agli Argonauti. Il tradimento può essere un punto, un ago, ma è una perdita di integrità, di unità.
Talos, con la forza del suo destino, ci ricorda che questo non è un gioco. Questo non è un gioco, questa è la cosa reale. Essere uno con il Creatore è memoria e saggezza. Non appena cerchiamo di “migliorare” il Creatore, periamo, falliamo sempre. La creazione e la vita nel respiro del Creatore sono vita reale… Miti: questi antichi miti dovrebbero ora essere letti alla lettera.
I Veda indiani dicono che l’infanzia esiste per il gioco, la giovinezza esiste per la conoscenza e l’amore, la maturità esiste per la creatività, la vecchiaia esiste per la preghiera.
La vera preghiera è possibile solo quando tutte le età vivono in una persona anziana… e l’infanzia è la capacità di ammirare e giocare, e la giovinezza con la sua passione per la vita, sentimenti, gratitudine – amore incondizionato, amore di fiducia e maturità per dare al mondo frutto del tuo talento…
L’uomo è come Talos, è un protettore, crea una cupola di amore e saggezza con la potenza del Suo Spirito. La cupola è destinata a chi continua a fare i primi passi e gli errori…
Ricordo le piccole rughe agli angoli degli occhi di mia nonna quando sorrideva. Brillavano come il sole…e le sue mani rugose profumavano di vaniglia e latte caldo. Il mio cuore brilla ancora di calore quando sento questo profumo. Ricordo come mio nonno mi accarezzava la testa con il palmo ruvido quando mi facevano male le ginocchia per le abrasioni… da bambino correvo veloce e spesso cadevo in ginocchio…
Tutto era reale, e il mio sangue era sulle mie ginocchia, e questo sangue caldo scorreva nelle vene dei miei parenti. Questi erano i miei poteri, mi davano la forza di compiere azioni semplici. Mi hanno protetto.
Il sangue della famiglia è la memoria della famiglia e la protezione. È impossibile strappare dalla carne quei millenni che sono contenuti in un campione di sangue.
L’immagine di Talos che cade è più di una semplice scultura perfetta. Giovani, giovani spettatori, che hanno tanta fretta di vivere, accelerano sempre di più, e mi rivolgo a te: fermati, guarda negli occhi di Talos, pieno di sorpresa e sofferenza. L’errore di perdere un “attimo” può essere fatale… Prenditi cura del momento, apprezza il momento. Non limitarti a guardare: impara a vedere. “Il dono del momento” è meraviglioso. Preparati al “Dono”, leggi i segni del destino, preparati al miracolo».
Irina Mamontova
Membro dell’Unione degli Artisti della Russia,
Membro dell’Associazione Internazionale
delle Belle Arti – IAA AIAP UNESCO.
Tante, troppe parole a coprire qualcosa di sconcertante.
Talos e qualos. Aveva origini ruvesi, si vede dalla testa grossa.
Una scultura del genere non sarebbe stata lontanamente accettata neanche per entrare nelle botteghe dei grandi scultori del passato. Il tocco è da dilettanti allo sbaraglio. L’oltraggio alla natura per aver sottratto marmo da una montagna è ancora peggio. Quello che c’è di preoccupante è come sia stato possibile dare l’autorizzazione a installare una statua del genere, che probabilmente sarà lì per lunghissimo tempo, senza una selezione pubblica con una giuria di livello. Non si può neanche dire che Di Gioia sia stato commissionato per chiara fama. Tutto molto dilettantistico e preoccupante.
Sono d’accordo alla tua espressione artistica e dilettante dello scultore… Non commento sulla scultura orrenda
Reinterpretazione assai discutibile e non gradita del Mito di Talos. Bastava mettere in forma scultorea la raffigurazione di Talos dipinta sul Vaso esposto nel museo Jatta. Stop!
Lancio da questo sito idea di un referendum sulla stauta di Talos in piazza Dante. Il quesito dovrebbe essere molto semplice: volete tenere la statua di Talos in piazza Dante o volete rimuoverla? Dovrebbe essere un referendum vero, senza quorum. E a volerlo più di tutti dovrebbe essere il sindaco, se non ha niente da temere dal giudizio dei cittadini ruvesi. La disputa sulla qualità artisitica di quel manufatto si è ormai infiammata e solo un pronunciamento popolare e democratico potrà risolverla.
Non sono affatto d’accordo. La nostra è una democrazia basata sulla rappresentanza politica, dove deleghiamo ai politici eletti le responsabilità decisionali, nel bene e nel male. Noi abbiamo i nostri pareri che in questo caso sono meramente estetici. La statua può piacere o no. Quello su cui loro devono rimuginare è se il processo politico e burocratico è stato all’altezza, e se quello che lasceranno ai posteri è un qualcosa di cui essere orgogliosi. Secondo me non c’è nulla su cui scherzare in queste iniziative da dilettanti, ma sono solo una delle 25000 persone di Ruvo di Puglia a giudicare.
ARS GRATIA ARTIS
Il governo cittadino retto da Pasquale il Magnifico ha fondato un nuovo piccolo foro, anzi un foruncolo, all’interno degli storici giardini di piazza Dante – recentemente riqualificati – esaudendo i desiderata di una piccola associazione di benemeriti cittadini che hanno finanziato l’ardita impresa. Il centro del foruncolo è rappresentato da una statua elefantiaca di Talos, cristallizzato nell’attimo prima di spegnersi. L”opera, dopo un inevitabile primo impatto visivo data la sua mole, appare ai più – villici e profani – come una storpiatura, probabilmente non voluta, della statuaria classica cui ambisce riferirsi, almeno nelle intenzioni, il neofita scultore. Così in un paese quasi privo di statue, dove mancano financo i consueti Garibaldi o Mazzini (presenti un po’ dappertutto in Italia) nel 2023 si decide di avvallare l’erezione di un monumento ciclopico per celebrare non si sa bene cosa, andando a intaccare, con un intervento invasivo, un contesto urbanistico delicato. Sarebbe stato più utile magari arricchire i giardini con più essenze vegetali, visti i tempi correnti. Sul valore artistico dell’operazione, invece sarebbe opportuno riflettere su un pensiero di Antonio Canova, qui di seguito riportato: “vi vuol altro che rubbare qua e là da pezzi antichi e raccozzarli assieme senza giudizio, per darsi valore di grande artista. Conviene studiare dì e notte su’ greci esemplari, investirsi del loro stile, mandarselo in mente, farsene uno proprio coll’aver sempre sott’occhio la bella natura con leggervi le stesse massime»