Cronaca

Flora De Palo: «Nella sartoria sociale si valorizza l’abilità e si conquista l’indipendenza»

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
La presidente dell'associazione "Un mondo di bene 2.0" parla del progetto dedicato a donne immigrate e non solo affinché acquisiscano competenze da spendere nel mercato del lavoro
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Broccati, tessuti di cotone e trine: molteplici colori e consistenze si mescolano alla varietà delle lingue ed etnie in una delle stanze al piano terra del Centro polifunzionale per Immigrati Linea Comune, in via Romanello 12. Questa è la sartoria sociale, fondata dall’associazione “Un mondo di bene 2.0”, attiva nel volontariato entro e fuori i confini nazionali. In otto lezioni, ogni mercoledì, si apprendono i fondamentali dell’arte del cucito. Le prime allieve sono dieci immigrate provenienti dal Marocco, dalla Romania e dall’Albania, guidate amorevolmente da Dina, Pasquina e Mariella, componenti dell’associazione nonché esperte sarte. 

«L’idea della sartoria sociale è nata circa due anni fa da un bisogno, da un’esigenza manifestataci da alcune sartorie e aziende del territorio che avevano bisogno di persone esperte nell’arte del cucito – racconta Flora De Palo, presidente dell’associazione -. Abbiamo chiesto alle ragazze se fossero interessate a lavorare in azienda. A loro sarebbe piaciuto ma c’era un grosso ostacolo: non sapevano cucire. Ed ecco l’intuizione: “Vi insegniamo noi!” e loro hanno accettato con entusiasmo la proposta. Questo prima della pandemia Covid che ci ha bloccate per due anni. Ma non appena è stato possibile, abbiamo avviato i corsi ed eccoci qui». De Palo sorride, indicando orgogliosa uno dei tavoli centrali intorno al quale siedono tre assorte aspiranti sarte. Tra loro c’è Ghislaine, magrebina che ha portato con sé il figlioletto di pochi anni. C’è Myra, dall’Albania, giunta in Italia a settembre coi suoi figli di 13 e 8 anni che, grazie a Flora, hanno imparato a scrivere e a parlare correttamente in italiano. Myra le è molto grata: i ragazzi, all’inizio, avevano un po’ di difficoltà a integrarsi coi loro coetanei per la scarsa conoscenza della lingua, ma ora hanno ampliato la cerchia degli amici. Perché una sartoria sociale va oltre il mero apprendimento del cucito e la realizzazione di manufatti. Una sartoria sociale genera molteplici opportunità e relazioni e valorizza la creatività e lo spirito di chi la frequenta. Quella fondata da “Un mondo di bene 2.0” è una delle tante sartorie sociali nate in Italia che accolgono persone a rischio marginalità, spesso seguite dai Servizi sociali, che apprendono le basi di un mestiere artigianale che può diventare fonte di reddito attraverso la creazione di un’impresa autonoma o un rapporto di lavoro dipendente. Non solo. Le sartorie sociali sono un esempio di economia circolare in cui vengono valorizzati gli scarti e viene promosso il riuso. «Abbiamo comprato macchine da cucire, taglicuci, macchine ricamatrici di seconda mano – continua De Palo -. Alcune ci sono state regalate. Inoltre, una tappezzeria ci ha fornito scampoli e tessuti con i quali sono state realizzate deliziose pochette. È stato il loro primo lavoro e sono state molto brave.Ora stanno preparando cestini per il pane con cui adornare la tavola di Pasqua».

Oltre al cucito, le allieve seguono lezioni di informatica e, a settembre, si auspica che riprendano i corsi di italiano per conseguire la certificazione. In questo modo si arricchisce il proprio bagaglio di esperienze, spendibili sul mercato del lavoro.  «Il nostro obiettivo – prosegue De Palo – è quello di contribuire a dare loro indipendenza economica, sia in forma autonoma, avviando un’attività imprenditoriale; sia lavorando per conto terzi. Ma vogliamo che la sartoria sociale diventi un punto di riferimento per la città; sia una delle sartorie a cui rivolgersi per realizzare abiti o effettuare riparazioni». Intanto arriva Cristina, dalla Romania, un’altra allieva: è qui per un saluto perché deve correre a lavoro. «Ad alcune di loro abbiamo dato una mano a trovare un'occupazione e anche ad arredare casa con mobili nuovi e di seconda mano. Ma soprattutto, con loro instauriamo un rapporto cordiale, nutrito di attenzioni  e affetto di cui hanno necessità perché sono lontane dalla loro casa, dai luoghi che le hanno viste nascere. Se i Servizi sociali si occupano della parte burocratica; noi diamo il cuore». L’incontro si conclude con l’auspicio di De Palo che l’Amministrazione dia una mano a trovare una sede più ampia di quella attuale dove poter svolgere le attività sociali e dove poter allestire un laboratorio sartoriale aperto a tutti, anche ai ruvesi.

venerdì 18 Marzo 2022

(modifica il 17 Maggio 2022, 16:08)

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