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La riforma scolastica del sostegno che non piace

La Redazione
«È d'obbligo una virata decisa, fatta di sperimentazioni e percorsi che aumentino la consapevolezza e la condivisione di strategie didattiche inclusive»
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Tante, tante parole sull'integrazione degli alunni disabili, ma ancora troppo pochi fatti: si può commentare così la vicenda di Lanciano, dove tre scuole hanno rifiutato l'iscrizione a un bambino autistico. Ma casi del genere, anche senza clamore mediatico, ne accadono anche da noi: la gestione degli alunni con sostegno, mentre ancora è tanto diffusa la supplentite, pare sia diventata una rogna da gestire piuttosto che una sfida educativa. I docenti, però, non ci stanno: in particolare, i cosiddetti "nastrini rossi" si battono per una scuola più inclusiva e giusta, dove non si assista più all'esodo verso il nord di docenti specializzati sul sostegno, ma vengano garantiti gli stessi diritti agli alunni del sud, ivi compresa la continuità.

«In un Paese democratico come il nostro, fondato sulle pari opportunità e che ambisca ad una scuola inclusiva, i fatti di Lanciano ci lasciano molto perplessi. Ben tre scuole secondarie di primo grado rifiutano l’iscrizione per il prossimo anno scolastico di un bambino autistico. Non entriamo nel merito dei fatti, ma di certo, ancora una volta, si evidenzia una situazione drammatica per tutti i soggetti coinvolti.

I Nastrini Rossi Docenti (Nrd) esprimono grande solidarietà al bambino, alla sua famiglia e in particolare alla madre che ha avuto la forza di denunciare pubblicamente l’accaduto per pretendere ciò che le spetta per diritto sacrosanto.

Ciò che emerge è il momento critico che sta vivendo la scuola, nonostante gli investimenti e la Riforma della 107/2015. L’anno scolastico in corso ha visto la carenza di insegnanti specializzati per le attività didattiche di sostegno, nel nord come nel sud del Paese. Anche nelle regioni dei Nrd, colpite dall’esodo degli insegnanti assunti dalla “Buona scuola”, tra le quali vi è lo stesso Abruzzo, enormi disagi sono stati denunciati dalle scuole che ancora a ridosso delle feste natalizie erano in cerca di docenti e hanno assegnato cattedre a personale addirittura nominato dalle terze fasce di istituto. E qui continuiamo a ribadire che il problema è sempre uno: i docenti non sono troppi, ma troppo pochi. 

Il piano straordinario della “Buona scuola”, che ha stabilizzato i contratti di 55mila precari, ha però costretto circa 30mila docenti a un ruolo a centinaia di chilometri lontano dalle loro regioni di residenza e, a differenza della tanto paventata lotta alla “supplentite”, i contratti di lavoro a tempo determinato sono aumentati.

Questa mala gestione scolastica, a nostro avviso, è figlia del piano assunzionale frettoloso che non ha badato a stabilizzare le situazioni di precarietà reiterate con la trasformazione delle cattedre di organico di fatto (presenti soprattutto al sud) in organico di diritto, bensì ha ancora una volta messo di fronte la scuola a scontrarsi con imponenti tagli agli organici (la Puglia taglia 700 cattedre con il dimensionamento). Mentre ancora irrisolta è la questione dei docenti dei Nrd che a 45 anni, dopo una vita di lavoro al centro sud, si vedono costretti ad abbandonare i propri affetti con 1300 euro al mese e mille incombenze familiari ed economiche da affrontare. Il lavoro nelle proprie terre c’è, esiste e va solo stabilizzato. Proprio In Abruzzo, infatti, oltre 400 docenti sono stati prima spostati coattivamente, poi rientrati solo per il corrente anno scolastico sulle cattedre temporanee, ma necessarie, e per la maggior parte di sostegno. Eppure sul sostegno si continua a fare populismo: le cattedre stabilizzate in organico di diritto dalla  “Buona scuola” sono state 14.747. La distribuzione geografica di questi posti è emblematica: nord Italia 8.400 posti, Sud e isole appena 2.700. Dati che mettono a nudo un’Italia spaccata in due. Altri numeri eloquenti: in Abruzzo ben 374 posti di sostegno in deroga e in Puglia altri 2869 solo ad inizio anno scolastico sono stati necessari per far fronte alle esigenze scolastiche. E’necessario stabilizzare anche nelle regioni del sud i posti in deroga, che non possono più essere considerati tali se su di essi lavorano docenti da anni, ma questo non avviene.

E il futuro per i nostri alunni non sembra migliore: il decreto legislativo a tema inclusione (378), nonostante le modifiche apportate dalle commissioni parlamentari durante i due mesi di discussione, ci sembra sempre un piano di tagli e contrazione delle risorse economiche e di personale.

L’integrazione sancita nelle buone leggi (L.104/1992 e DPR 24 febbraio 1994), attraverso le buone prassi quotidiane dei docenti, ha trovato la sua realizzazione. E oggi la scuola, che non accoglie solo alunni con disabilità certificata, ma anche con disturbi specifici di apprendimento, con situazioni psicosociali problematiche e figli di migranti, è chiamata a includere e a valorizzare le differenze. I Nrd dicono “no” all’eliminazione dei gruppi di lavoro (Glho) previsti dall’articolo 15 della legge 104/92 in ogni classe in cui è presente un alunno con disabilità, ad un unico Git (Gruppo per l’inclusione territoriale) per ambito territoriale chiamato a gestire l’ingestibile, alla sostituzione della Diagnosi Funzionale e del Profilo Dinamico Funzionale con un’unica Valutazione Diagnostico – Funzionale o Profilo di funzionamento che non prevede alcun periodo di osservazione dell’alunno nel contesto scolastico e “no” al vincolo decennale sul sostegno.

È d’obbligo quindi una virata decisa, fatta di sperimentazioni e percorsi che aumentino la consapevolezza e la condivisione di strategie didattiche inclusive. La prima risorsa a cui attingere è quella umana, mettendo da subito in atto una vera stabilizzazione delle risorse necessarie».

giovedì 23 Marzo 2017

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