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Dieci anni di Parco dell’Alta Murgia, i comitati: «Giudizio complessivamente negativo»

La Redazione
Il bilancio sulla gestione dell'Ente: «Sembra legittimo chiedersi se quel progetto nato tra mille difficoltà sia nel frattempo cresciuto nella direzione auspicata»
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L’assemblea dei comitati Alta Murgia (Cam) fa il bilancio dei dieci anni dall'istituzione del Parco nazionale. «Abbiamo, con franchezza e fin dall’inizio, sostenuto – si legge in una nota – che costruire il Parco significava realizzare “pezzo per pezzo” un progetto politico di grande portata per le sue implicazioni sociali, economiche e culturali; che tale progetto, inoltre, poteva realizzarsi solo come “costruzione collettiva”, coinvolgendo cioè direttamente, dal basso, le comunità locali e le forze produttive sane, valutando attentamente i costi e i benefici che necessariamente si dovevano ridistribuire su ampie categorie di cittadini.

Sembra perciò legittimo chiedersi se quel progetto nato tra mille difficoltà sia nel frattempo cresciuto nella direzione auspicata. Quelle battaglie sono rimaste certo nel cuore di coloro che le hanno condotte ma hanno contribuito a diffondere una diversa percezione dell'Alta Murgia: da una "pietraia" sterile e pronta a diventare area di risulta si è passati a riconoscere il valore di un immenso patrimonio ambientale e antropico. Nelle scuole oggi si studiano i suoi ecosistemi anche sotto l'egida della "bellezza". E sulla Murgia si realizzano significative esperienze di conoscenza e di fruizione dal basso che meriterebbero di essere realmente sostenute.

Certo il Parco è stato istituito – prosegue il testo -, è nato ma non è cresciuto nella direzione auspicata, persino per quel che concerne l'attuale perimetrazione.

Si attendevano risposte immediate e concrete, soprattutto per coinvolgere attivamente le associazioni di base attive sul territorio, i tanti operatori agricoli che hanno mostrato un duro scetticismo, soprattutto gli allevatori, per non dire di quelli che, tra loro, hanno manifestato tutta la loro opposizione al Parco.

L’Ente istituito in questi anni è stato presieduto da figure prive di un’adeguata conoscenza del territorio e dei suoi “custodi” (agricoltori, allevatori, operatori turistici, guide escursionistiche, associazioni ecologiste…), persone che tante volte hanno cumulato cariche molto distanti tra loro e, soprattutto, mai interessate ai reali processi che investono l’altopiano murgiano; abbiamo assistito, in questi anni, a equivoche vicende di compromissioni di ruoli e di funzioni, con il paradosso che tra coloro che sono stati coinvolti direttamente nella gestione dell'Ente, non mancano quelli che per anni si sono battuti contro l'idea stessa del Parco. 

Nell’ultimo periodo poi, si è preferito impiegare gran parte delle risorse a disposizione per tutta una serie di discutibili, quanto costosi, eventi di cui nulla è rimasto su questo territorio.

Le priorità del Parco sono invece altre – si ribadisce nel testo -. Occorrerebbe concentrare gli sforzi per bonificare realmente le aree inquinate e degradate, per prevenire gli incendi, per creare filiere corte del grano e della carne, per creare reti e presìdi sociali ed economici al fine di valorizzare, in concreto, le non poche energie endogene che ancora resistono sul territorio…», temi su cui «abbiamo pubblicato negli anni numerose e dettagliate analisi e proposto concreti progetti, rimasti purtroppo  in gran parte ignorati dall’Enti.

Una delle più importanti occasioni mancate, per le sue implicazioni economiche e finanziarie, è certamente il Piano di sviluppo rurale. Nessuna delle Misure da esso previste contiene riferimenti specifici al Parco dell’Alta Murgia.

Il bilancio di questi dieci anni di vita del Parco, al di là dei toni trionfalistici manifestati da chi oggi lo governa, è purtroppo segnato dall'assoluta assenza di una vera e seria progettualità in grado di valorizzare e sostenere, in primo luogo, le attività storicamente prevalenti del territorio e gli operatori agricoli e ancor più gli allevatori che ne rappresentano i veri custodi. Questo, alla prova dei fatti, è a nostro avviso il dato più allarmante e più fallimentare della gestione.

La politica dell'Ente Parco, infatti, non è riuscita in alcun modo a sottrarre questo territorio dalla condizione di debolezza strutturale e di marginalità economica, nonostante i proclami e le pubblicità che, spesso prive di riscontri critici, appaiono ogni tanto sugli organi di stampa. Basti pensare alla questione delle servitù militari. Il Parco dell’Alta Murgia continua a essere paradossalmente l’unica area protetta al mondo dove è giustamente proibita l’introduzione di armi da fuoco a scopo venatorio, ma è consentita quella dei carri armati e di armi pesanti per esercitazioni militari.

L’attivismo pur manifestato su questo tema dall’attuale Presidente all’inizio del suo mandato è servito solo a guadagnarsi un po’ di visibilità mediatica, senza produrre alcun risultato. Non avevamo coltivato illusioni e l’esito ci ha dato ragione. Le esercitazioni militari a fuoco continuano indisturbate nel Parco come ogni anno. Una battaglia persa in partenza anche per l’incapacità di coinvolgere i tanti movimenti di cittadini che già si erano mobilitati per questo e le stesse istituzioni locali; nonostante ciò ci sembra una battaglia da continuare.

A ciò si aggiunga il disinvolto utilizzo delle risorse dell’Ente a partire dalle assunzioni del personale alla scelta dei consulenti, dall’affidamento dei servizi a ditte esterne, ai bilanci (finiti anche sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti). Gli Enti locali, poi, indaffarati come sono, si limitano ad agire come se il parco non esistesse e non dovesse esistere. Guardano all'Ente come un tempo alla Comunità Montana.

Coloro che si sono battuti per la tutela e per uno sviluppo durevole del territorio, hanno in più occasioni avanzato proposte concrete e designato una scala delle priorità da seguire, innanzitutto un piano di tutela, bonifica e manutenzione del patrimonio naturale e storico architettonico e in secondo luogo un vasto programma di riconversione delle pratiche agricole correnti basate ormai quasi esclusivamente su di una monocultura cerealicola perennemente in crisi, le cui politiche di sviluppo, decise a migliaia di chilometri di distanza, sono spesso attuate con criteri completamente avulsi dalla realtà locale e che si sono dimostrati capaci di provocare danni enormi all’ambiente.

Si tratta allora di promuovere e incrementare un processo di riqualificazione dell’agricoltura locale, per alcuni versi già avviato da alcune piccole realtà, basato sulla diversificazione spaziale e temporale delle colture (anche attraverso il recupero, ove possibile, di pratiche e di colture tradizionali), l’impiego di tecniche biologiche per la concimazione e la lotta ai parassiti e alle infestanti, la produzione, la promozione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità. Si tratta di sperimentare nuovi approcci alla produzione agricola e zootecnica capaci di integrare le attività tradizionali con mezzi e strumenti non solo compatibili con l’ambiente, ma tali da determinarne il miglioramento e la ricostituzione.

Occorre anche implementare alcune indispensabili infrastrutture di servizio in grado di sostenere e promuovere il processo di riconversione produttiva delineato: laboratori di ricerca scientifica, stazioni sperimentali, uffici di consulenza tecnica e finanziaria, servizi di marketing e di promozione, infrastrutture per consentire l’accesso alle reti digitali nelle campagne (wi-fi), offrendo cosí anche opportunità di lavoro qualificato per i giovani.

In terzo luogo si è proposta la creazione di un'offerta turistica non tradizionale e non speculativa che proponga soluzioni originali in grado di soddisfare una domanda nuova che nei prossimi anni è destinata a crescere sempre piú: quella di soluzioni non preconfezionate, il piú possibile articolate e ricche di stimoli eterogenei.

Un discorso a parte occorrerebbe fare sulla gastronomia locale, recuperando e valorizzando la genuinità degli alimenti prodotti sul territorio. Si potrebbe cosí configurare un'offerta estremamente articolata, in grado di dare risposte originali al turismo sportivo e naturalistico, all’agriturismo e al turismo culturale, privilegiando i piccoli gruppi e il turismo giovanile e scolastico. Qualcuno dirà che simili attività già si svolgono. Ma si svolgono senza una vera cornice in grado di sprigionare tutte le potenzialità», commentano i rappresentanti dei Cam.

«Infine l’attività di prevenzione. Per quanto riguarda gli incendi, l’Ente si è limitato a emanare “avvisi pubblici” relativi all’esecuzione di operazioni forestali e a un servizio sperimentale di monitoraggio al fine di prevenire gli incendi nel mese di luglio.

Altrettanto dicasi per la questione, ormai annosa, della presenza dei cinghiali, Non ci sembra, anche in questo caso, nonostante le somme considerevoli spese per diminuirne gli effetti sulle colture e non solo, abbia prodotto grandi risultati. Persino durante l’emergenza provocata dall’abbondante nevicata che ha interessato molte aziende zootecniche dell’Alta Murgia, si è registrata l’assoluta latitanza dell’Ente.

Da quanto già esposto – concludono – pensiamo non si possa trarre altro che un giudizio complessivamente negativo del ruolo che L'Ente ha svolto in questi anni e dell’operato di chi lo ha amministrato. Il Parco dell’Alta Murgia non si può governare part-time e per giunta con un assetto amministrativo a dir poco precario. Il Consiglio direttivo è stato nominato solo nel dicembre 2015 e a distanza di quasi dieci anni si attende ancora la nomina di un vero Direttore generale il cui ruolo è ininterrottamente e inspiegabilmente ricoperto da un Direttore-Facente-Funzione che non ha i titoli per farlo. Più volte il Ministero ha richiamato l’Ente Parco a sanare questa anomalia, e non vorremmo che, ancora una volta, si proceda a emanare un bando calzato, come si dice in questi casi, su misura, che ostacoli un avvicendamento ormai assolutamente necessario e non garantisca la necessaria stabilità amministrativa e la piena funzionalità.

L'Alta Murgia ha bisogno di una progettualità di lungo respiro in grado di cogliere la sfida della tutela degli equilibri naturali e della responsabilizzazione di chi vive e lavora sul territorio, coinvolgendo dal basso gli operatori e lavorando in sinergia con le molteplici realtà di base. C’è bisogno di persone competenti e capaci di elaborare progetti a partire da una profonda conoscenza della realtà, che siano anche in grado di cogliere le tante opportunità e di intercettare le risorse necessarie. Il destino del Parco Nazionale dell’Alta Murgia non può continuare a essere determinato da logiche estranee ai bisogni delle comunità locali.

Ci appelliamo perciò alle Autorità regionali e ministeriali che dovranno decidere, nelle prossime settimane, le nomine del nuovo Presidente e del nuovo Direttore, affinché tengano presente le esigenze di un intero territorio che ha, al suo interno, forze ed energie da mettere a disposizione dell'intera collettività murgiana. In particolare i Comitati Alta Murgia chiedono di incontrare con una delegazione il Presidente della Regione Puglia per un confronto sulle tante criticità che da troppo tempo attendono di essere superate».

sabato 18 Febbraio 2017

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