Cultura

Le “lacrime delle cose” nelle fotografie di Giovanni Rossini

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
​Ruvese, di 37 anni, si avvicina alla fotografia d'arte da qualche anno. I suoi soggetti preferiti sono i luoghi abbandonati che narrano storie. Di recente ha girato il corto "Through her eyes"
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«Giorno e notte, dal muro sventrato, si vedevano le stanze nude e abbandonate, colle pitture del soffitto che pendevano, le gole dei camini squarciate e nere». 

Lo stralcio del passo finale di “Lacrymae Rerum”, novella di Giovanni Verga, racconta il palpito di vite e sentimenti  di famiglie, amanti e adulteri che si sono avvicendate in una casa, prima di essere abbattuta per far posto a una strada.

E le lacrime delle cose sgorgano o scendono quietamente nelle fotografie di Giovanni Rossini, ruvese di 37 anni che ama l’avventura. Lavora in una rivendita di tabacchi ed è appassionato di informatica ed elettronica. Da qualche anno si è avvicinato alla fotografia.

I soggetti che predilige sono dimore un tempo sontuose dai soffitti stuccati e carte da parati lacerate la cui bellezza il tempo e l’incuria non hanno distrutto completamente; “cattedrali nel deserto”, alcune di dubbio gusto, che sono corpi estranei nei paesaggi naturali in cui sono erette; aziende, piscine, ristoranti e uffici dismessi (potrebbero essere recuperati?), casali, masserie, borghi e case a più piani che si affacciano su panorami aspri e cieli nuvolosi. Delle sue fotografie, che evocano lo stile di Steve McCurry, colpiscono gli oggetti su cui la polvere si posa e una luce ora calda ora metallica cade, tagliente o consolatoria. E, intanto, immagini chi li ha sfiorati e chi ha vissuto quei luoghi.

Cosa la affascina di queste dimore?

«Mi affascina immaginare come poteva essere quello che sto vedendo prima dell'abbandono. Ovviamente l'impatto visivo e i colori giocano un ruolo fondamentale sul mio grado di attenzione. Ho assistito a diverse tipologie di scenari: vecchie masserie, ville, parchi divertimento, cliniche, alberghi, complessi industriali e interi borghi. Ciascuno di questi luoghi suscita in me emozioni differenti e a volte anche contrastanti. Per esempio, visitando i borghi ho l'impressione che il tempo si sia fermato in un preciso istante e provo un senso di nostalgia; visitando i complessi industriali invece, quando trovo un macchinario sembro un bambino che ha trovato un giocattolo; altri luoghi mi trasmettono angoscia, ma cerco comunque di ricostruirne la storia se trovo oggetti o documenti sparsi in giro. In altre situazioni ancora resto impressionato nel vedere la natura che riprende il suo posto inglobando intere strutture».

Dove si svolge la sua ricerca dei luoghi abbandonati?

«Fino a ora in Puglia, Campania e Basilicata. Trasferte più lunghe al momento sono praticamente impossibili, considerando i miei impegni lavorativi».

Ma parliamo degli inizi. Quando si innamora della fotografia?

«La mia passione per la fotografia nasce dopo aver conosciuto il fotografo francese Thomas Jorion. La tematica da lui trattata è l'abbandono e sono rimasto molto colpito dalla sua professionalità: tra l'altro le sue foto, realizzate con una macchina fotografica analogica di grande formato 4×5" e pellicola a colori, sono famose in tutto il mondo. Due anni fa è stato in Puglia per integrare il suo ultimo progetto fotografico "Veduta", una raccolta di scatti realizzati in Italia tra il 2009 e il 2020, ci siamo incontrati e abbiamo passato un'intera giornata a fotografare ville abbandonate. Già da un bel po' di tempo collezionavo foto di questo tipo, tutte scattate con il telefono. Lui vide del buono nei colori e nelle prospettive delle mie foto e mi consigliò vivamente di acquistare una macchina fotografica decente, facendomi capire che il salto di qualità sarebbe stato notevole. Ho seguito il suo consiglio: ho comprato una reflex digitale e da allora il mio "collezionismo compulsivo" si è trasformato in una vera e propria passione, volta alla ricerca di continui miglioramenti».

Ha realizzato un cortometraggio“Through her eyes – Attraverso gli occhi di lei”.

«"Through her eyes" è il sequel del primo cortometraggio "The forest", un viaggio onirico che tende a sottolineare la condanna alla solitudine in un mondo reale e il trionfo dell'ipocrisia in un mondo surreale (non a caso ho scelto il bianco e nero per alcune sequenze). "The forest" è un progetto nato in collaborazione con una mia carissima amica, Nicla Mazzei, che qualche mese fa mi propose il copione di un video shooting ambientato in luoghi abbandonati e ispirato ad alcune opere di Edward Hopper, il cui tema dominante è la solitudine. Basandomi sul suo testo ho deciso di dare un seguito a "The forest", realizzando un videoclip con un brano molto suggestivo composto dal mio amico Luigi Mastandrea (in arte Bougainville). A differenza del primo cortometraggio in "Through her eyes" la solitudine non è più una condanna, ma diventa parte integrante di un percorso interiore che porta la protagonista, interpretata da Sonia De Giosa, alla conoscenza di sé stessa. Il tutto è stato realizzato in economia, con quel poco che avevamo a disposizione».

Le restrizioni agli spostamenti, causa Covid, hanno influito sulla ricerca dei luoghi abbandonati?

«Non essendo la mia una comprovata esigenza lavorativa, inevitabilmente resto fermo quando i decreti lo prevedono. A inizio 2021 mi ero prefisso di partecipare a una visita guidata alla centrale nucleare di Černobyl, ma per il momento preferisco non organizzare alcunché, vista la situazione. In compenso sto dedicando più tempo all'apprendimento per l'utilizzo di software di editing foto e video».

Progetti futuri?

«Di recente mi sto appassionando molto alla fotografia e alle riprese aeree. Possiedo un drone e ho intenzione di prendere un patentino per poterlo adoperare in situazioni critiche in modo da poterci anche lavorare.

Mi piacerebbe creare un sito web dedicato alla pubblicazione di foto e video e realizzare su carta stampata dei fotolibri che raccontino la storia di ciascuno dei posti da me visitati. Purtroppo il tempo che ho a disposizione è sempre poco, ma cercherò di fare il possibile.

Attualmente gestisco una pagina Facebook con il mio amico d'infanzia, Luca Pellicani, anche lui appassionato a questa tipologia di fotografia e con il quale abbiamo organizzato diverse uscite a tema. La pagina si chiama "Abandoned Trash" e, periodicamente, pubblichiamo foto di luoghi abbandonati accompagnate da didascalie ironiche. L'ironia serve fondamentalmente ad alleviare la drammaticità legata a questi luoghi per farli rivivere in una nuova quotidianità di nostra invenzione. Chi ci segue apprezza molto questa peculiarità. Oltre ad “Abandoned Trash” gestisco in modo analogo il mio profilo Instagram "Lo stato del degrado" e di recente ho creato l'omonimo canale YouTube, dove al momento sono presenti solo i due cortometraggi di cui ho parlato, ma presto saranno disponibili altri contenuti video».

“Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt”, “Sono le lacrime delle cose e le vicende umane commuovono” fa dire Virgilio a Enea, prima del fatale incontro con la regina Didone, quando vede incisa la guerra di Troia in un tempio dedicato a Giunone. E ogni luogo abbandonato racconta e commuove.

 

martedì 12 Gennaio 2021

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