Cicogna bianca sul palo della luce del Ponte sp Ruvo-Altamura, in zona Pantano © Giuseppe Carlucci
Territorio

Rosa Camerino: «Ricreiamo un’oasi naturale dove prima c’era il Pantano»

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
Per Rosa Camerino, volontaria della Lndc Ruvo e fervente animalista, ne beneficerebbero l'ambiente, gli animali, la comunità. Un'idea molto apprezzata anche da Giuseppe Carlucci, guida ambientale escursionistica e fotografo naturalista
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«Meravigliosi! A Ruvo, fermi in un campo, adesso in zona Pantano». Queste le parole di Rosa Camerino quando, in un mattino della scorsa settimana, mentre era alla guida della sua auto sulla 231 sp, si è imbattuta in uno stormo di fenicotteri rosa che stava sostando per riposarsi, prima di riprendere il volo verso le aree più calde dove nidificare.

«Dico sempre che quella zona va ripristinata come umida» ci spiega Camerino, volontaria della Lndc e fervente ambientalista. «Ruvo di Puglia si trova lungo le rotte seguite dagli uccelli migratori e per questo ho sempre sostenuto che la zona del Pantano sarebbe dovuta diventare un’oasi naturale». Lo sottolinea mentre, fermi sulla complanare est della strada provinciale 63 in contrada Pantano,  guardiamo i campi coltivati, alcuni punteggiati da papaveri: sullo sfondo Ruvo di Puglia, alle nostre spalle una vecchia villa. Ad accompagnarci c’è Giuseppe Carlucci, guida ambientale escursionistica e fotografo naturalista.

Contrada Pantano è un’area depressa a sud-ovest di Ruvo, che ospita ora vigneti, altre colture e abitazioni: un tempo era occupata da un vasto specchio d’acqua, come attestano cartoline di fine Ottocento. Un “laghetto” dal fondale impermeabile, grazie al millenario accumulo di sedimenti marini e argillosi che si decise di prosciugare, intorno agli anni Venti del Novecento, con una galleria drenante, per evitare che si diffondesse la malaria.

«Secondo me, si dovrebbe studiare bene la zona e, se si dovesse individuare un reticolo di acqua, si potrebbe farlo affiorare in superficie, dopo un’attenta analisi di fattibilità. Non c’è nulla di chimerico in questa proposta». E ricorda la convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, che ha permesso di identificare le più importanti aree umide internazionali, caratterizzate da ecosistemi ad altissima biodiversità. E per Camerino ci sarebbero le condizioni per inserire un’eventuale area umida nella zona del Pantano nella “lista delle zone umide di importanza internazionale”, prevista dalla convenzione.

Le fa eco Carlucci: «Sarebbe sufficiente anche un semplice specchio d’acqua, dal momento che soprattutto agli uccelli migratori limicoli ne basta un palmo per abbeverarsi». Poi  spiega come una prova della presenza di una notevole varietà di uccelli migratori in questi luoghi si possa trovare nel £Lessico Rubastino-Italiano” di Bartolo Di Terlizzi, del 1930. Nel dizionario, infatti, sono tradotti i nomi di molti uccelli acquatici, come il codone, l’alzavola, le anatre marzaiole che attraversavano i cieli di Ruvo a marzo, il germano reale che in dialetto si chiama “maddard”, eredità dell’inglese mallard.

Tuttavia, a distanza di tantissimi anni dalla bonifica, possiamo ancora assistere a questi spettacoli migratori. «Proprio qualche giorno fa – prosegue Carlucci – ero in piazza Castello e alzando lo sguardo ho visto uno stormo di gru in volo».

Ci sono altre aree molto interessanti da un punto di vista avifaunistico, prosegue Carlucci. «Come le Matine di Jatta: un tempo, un immenso campo di grano ospitava gru, pivieri dorati e pavoncelle che si rifocillavano durante la sosta. Oppure c’è contrada Pozzo Serpi».

Sia Camerino che Carlucci ritengono sufficiente la presenza di piccole aree di acque per dare sollievo agli uccelli migratori.  Le zone umide, infatti, non hanno solo la funzione fondamentale di garantire le risorse di acqua e di cibo nonché lo stoccaggio del carbonio (secondo studi recenti la quantità di CO2 immagazzinata per metro quadrato è circa cinque volte in più rispetto alle foreste e fino a cinquecento volte di più degli oceani), ma sono anche luoghi di grande interesse naturalistico che favoriscono un turismo sostenibile con escursioni e birdwatching. Quindi impatto positivo per l’ambiente e l’economia del territorio.

«Come è avvenuto in Sardegna – continua Carlucci -, dove piccoli paesi hanno preservato aree umide a ridosso della città. Il progetto, se si vuole, si potrebbe realizzare». «Magari individuano bandi dedicati: questo secondo una prospettiva a lungo termine», gli fa eco Camerino. «In fondo, si tratta di proteggere e preservare non solo gli esseri viventi, e cioè noi  e gli animali, ma anche l’acqua, un bene prezioso. Può sembrare tutto anacronistico, ma non lo è».

domenica 14 Aprile 2024

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Pippo e Pluto
Pippo e Pluto
15 giorni fa

Nella sostanza siete dei cavernicoli .