ragazzi al lavoro, rudere, campagna
Restauro di Torre dei Guardiani di contrada Ferrata Jazzo Rosso © Chiara Cioce
L'intervista

Quando i giovani salvarono Torre dei Guardiani di Ferrata Jazzo Rosso

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
Era il 1995 quando il Movimento Altra Murgia chiese al Comune di Ruvo di Puglia di concedere in comodato d'uso gratuito l'edificio per ristrutturarlo. Tra i protagonisti Mariano Fracchiolla che ci parla di un progetto che, nel 2025, compirà 30 anni
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Nel 2025 il progetto di recupero di”Torre dei Guardiani” di contrada Ferrata-Jazzo Rosso compirà 30 anni.

Era il 1995 quando il Movimento Altra Murgia chiese al Comune di Ruvo di Puglia di concedere in comodato d’uso gratuito l’edificio, risalente al 1899, già caserma delle guardie comunali a cavallo e successivamente, fino agli anni Cinquanta, utilizzato dalle guardie campestri. Attualmente è un centro visite, punto di informazione e di divulgazione delle attività del Parco dell’Alta Murgia.

Il Comune concesse il comodato e, nello stesso anno, fu organizzato il primo campo di lavoro per la ristrutturazione dell’edificio. A parteciparvi una ventina di ragazzi ricchi di visioni e di sogni, che si autofinanziarono e rinunciarono al tempo libero e alle vacanze: tutto per restituire alla collettività un bene comune. Uno dei protagonisti di questa avventura è stato Mariano Fracchiolla che abbiamo intervistato.

 

Il prossimo anno il progetto Torre dei Guardiani di contrada Ferrata Iazzo Rosso compie 30 anni e a farla rinascere è stato un gruppo di ragazzi. Chi sono stati i protagonisti di questa grande avventura?

«Eravamo in tanti, tra quelli costantemente dedicati alla causa e coloro i quali si avvicinavano e collaboravano anche solo saltuariamente. Un gruppo di ragazzi e ragazze poco oltre i vent’anni, con culture, visioni e sensibilità diverse: studenti, operai, impiegati: è stata forse la principale ricchezza di tutto il progetto.

Prima la parrocchia, poi gli scout e, contemporaneamente, la frequentazione con ragazzi di una generazione precedente, i quali per primi avevano portato nel dibattito locale i temi dell’ambientalismo e del pacifismo, spesso legandoli tra loro. Passavamo spesso il nostro tempo libero a girovagare sulla Murgia in bici, a piedi, in motorino, talvolta con una macchina affidataci dai nostri genitori. Era il luogo delle nostre relazioni, delle nostre trasgressioni, dei nostri amori… non eravamo gli unici a farlo; era un’epoca nella quale posso dire che la Murgia era per molti ragazzi un luogo nel quale ritrovarsi.

Noi, nel girovagare per Murgia, ci soffermavamo sulle masserie lasciate in abbandono, depredate delle loro pietre. Assistevamo ai pascoli naturali che, in quegli anni e anche prima, venivano trasformati in seminativi grazie a potenti macchine che riuscivano a trasformare in breccia i massi affioranti.

Erano gli anni degli “spietramenti” favoriti da finanziamenti comunitari e che tanto hanno diviso l’opinione pubblica tra fautori di una “innovazione agraria” e quelli “arrabbiati” per tutta quella peculiarità botanica, paesaggistica e agraria che scompariva. È inutile dirlo… noi eravamo tra i secondi.

Poi la conoscenza, grazie ad amici più grandi, con il Centro Studi sulle aree interne “Torre di Nebbia”. Un progetto visionario (è il termine esatto) che, già da tempo, si interrogava sul futuro delle aree interne come la Murgia. Gli attivisti del Centro lavoravano a temi in grado di comprendere quello che stava accadendo alla Murgia alla luce di un fenomeno generale, quello dell’abbandono delle aree marginali interne, lasciate all’improvvisazione della politica e agli speculatori. Un progetto cresciuto sulla scorta, nel 1985, della Prima Marcia della Pace Gravina-Altamura contro il tentativo di installare sulla Murgia 3 poligoni di tiro militare permanenti. Poi la seconda, nel 1987, a cui parteciparono circa 5000 persone.

Tutto sfociò, nel 1990, nella proposta  in un progetto che tenesse insieme tutti i temi: il Parco dell’Alta Murgia.

Fu in quegli anni che nacquero i Comitati Promotori per il Parco dell’Alta Murgia e noi ci occupammo di tenerlo in vita a Ruvo di Puglia.

Negli anni successivi, quando l’idea di Parco si consolidò, sentimmo di dover fare qualcosa di più. Non soltanto promuovere la costituzione di un Parco, ma provare a progettare, nel nostro piccolo, un nuovo modo di vivere la Murgia e valorizzarla. Con questo spirito, nacque il “Movimento Altra Murgia”. Non un’associazione, ma un movimento; un gruppo di ragazzi e ragazze che si ritrovano insieme e progettano un nuovo modo di “pensare” alla Murgia.

È in questo contesto che nasce l’idea di prendere un immobile rurale di importanza storico-economica sul territorio e riattivarlo con lo scopo di valorizzare il territorio. Peraltro, Torre dei Guardiani aveva la forza simbolica di essere un edificio a servizio delle Guardie Campestri e quindi, un presidio sul territorio. Noi quel presidio lo declinammo dandogli tutti i significati facilmente intuibili. La nostra iniziativa fu poi raccolta dal Gruppo Speleologico Ruvese che tenne la Torre dei Guardiani per qualche anno e ne proseguì le iniziative di miglioramento e animazione. Successivamente, la storia è nota: l’immobile venne preso in carico dal Parco e dal Comune e ne fu realizzata una ristrutturazione completa».

Il recupero di Torre dei Guardiani è forse, a Ruvo, uno dei primi esempi di iniziativa per il bene della comunità che parte dal basso. Giovani cittadini si autotassano, rinunciano alle vacanze estive per realizzare un sogno. Ma il recupero ha anche fornito l’occasione per pensare a una nuova concezione di agricoltura, che è anche produttiva di servizi, nonché a un nuovo rapporto con l’alta murgia. Sono stati, però, anche anni di polemiche, perplessità da parte degli agricoltori e non solo.

Erano gli anni nei quali si concretizzava il concetto voluto dalla Comunità Europea di “agricoltore giardiniere dell’ambiente”. Il nuovo modello era necessario per assegnare all’agricoltura un mandato che andasse oltre la produzione di alimenti e che prendesse in carico anche temi ambientali, sociali e culturali. Non era certo un modello nato per alimentare visioni poetiche dell’agricoltura; era un modo per consolidare il ruolo degli agricoltori, dopo che la rivoluzione verde aveva garantito la stabilità della disponibilità di cibo.

Per fare un esempio, in quegli anni nasceva il Regolamento (Cee) n. 2078/92 relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale. Ai più, fu noto per i primi contributi dati ai produttori biologici e a coloro i quali ricostruivano i muri a secco; ma il regolamento era qualcosa di più: finanziava gli agricoltori che si impegnavano a gestire correttamente gli “agro-ecosistemi”.

Il Parco dell’Alta Murgia nasce da questi principi generali; prima ancora di essere promosso come un Parco Naturale, era concepito da noi dei Comitati come un “Parco rurale”; un luogo nel quale l’agricoltura convive in sinergia con la Natura dei luoghi…. Uno slogan di allora recitava: “Parco dell’Alta Murgia, spazio anche per l’uomo”.

Malgrado questa visione che potenziava il ruolo degli agricoltori piuttosto che sminuirla, furono anni nei quali l’idea di Parco fu fortemente contrastata dalla maggior parte degli agricoltori. Oggi, a mio avviso, sono maturi i tempi per i quali possiamo dare una spiegazione razionale a queste reazioni. Il primo motivo era che la nuova Politica agraria era un modello calato dall’altro, senza una reale condivisione sui territori. Riguardo al Parco, inoltre, malgrado il nostro modello fosse di “Parco rurale”, non c’era alcuno strumento legislativo che lo potesse normare. L’unica legge utilizzabile era la legge quadro su parchi 394/91: dettava i “principi fondamentali per l’istituzione  e  la  gestione  delle  aree naturali protette, al fine di garantire e  di  promuovere,  in  forma coordinata, la  conservazione  e  la  valorizzazione  del  patrimonio naturale del paese”. Era tuttavia una legge poco flessibile, nata per tutelare territori a fortissima connotazione naturalistica, piuttosto che territori come il nostro, nei quali la quasi totalità delle terre era utilizzata per scopi agrari. Come terza causa da non sottovalutare, era la presenza di troppi interessi speculativi. Qui i discorsi sarebbero lunghissimi e aprirebbero mille rivoli.

Era un momento storico nel quale le terre della Murgia destavano interesse, per esempio, per farne cave o fonte di contributi comunitari ottenuti senza un reale progetto economico e agrario. Gli stessi poligono militari, se da una parte erano visti come un modo per sfruttare un territorio per scopi certamente non agricoli e quindi non volti al benessere delle popolazioni locali, per altri versi le esercitazioni militari portavano indirettamente soldi facili, seppure a pochi. Questi interessi, spesso hanno lavorato sulle coscienze degli agricoltori, cercando di intorbidire le discussioni».

Cosa è cambiato da allora?

«Il Calendario 2022 del Parco Nazionale dell’Alta Murgia ha il titolo “Paesaggi umani: il nuovo calendario del parco celebra l’uomo e il suo legame alla terra”. Ritrae volti di agricoltori nei loro luoghi di lavoro, sulle loro terre…. Molti di quei volti me li ricordo a protestare contro l’istituzione del Parco, o quantomeno molto perplessi nei confronti del progetto. Potremmo fermarci qui, per descrivere la fotografia del cambiamento.

La necessità di rendere sostenibile lo sviluppo dei territori, la forza di una visione che, benché calata dall’alto, era necessaria per far sopravvivere l’agricoltura in questi territori, negli anni ha avvicinato molto le visioni. Oggi sono anche cambiate le generazioni: gli attuali agricoltori sono spesso i figli dei protagonisti del confronto di allora.

In agricoltura i cambiamenti sono lenti e vengono spesso osteggiati; è stato così persino quando è stato introdotto il trattore al posto del mulo o la chimica per la protezione delle piante. Ma poi, una volta divenuti strutturali, i cambiamenti sono stati accettati. Anche in questo caso, ci si è resi conto che nessuno voleva espropriare le terre per farci un Parco; si chiedeva di adeguare l’utilizzazione della terra ai nuovi bisogni, al fine di garantire la sopravvivenza di loro stessi.

Oggi si guarda sempre più all’Alta Murgia come ad un sistema unico e inscindibile tra attività agro-silvo-pastorali e peculiarità naturalistiche.

Questo non significa che tutte le criticità siano scomparse. È necessaria una continua attenzione nel tenere insieme le componenti del sistema. Per fare degli esempi, si potrebbero citare la problematica dei cinghiali che danneggiano le colture, la necessità di procedure autorizzative più complesse rispetto alle aree fuori parco, la remunerazioni delle produzioni, quasi mai commisurate alla qualità conferita dall’essere state realizzate in un Parco, ecc. Numerosi temi che hanno bisogno di grande sforzo gestionale da parte del Pubblico e preparazione da parte di tecnici e agricoltori».

Uno o più aneddoti di quelle giornate di recupero di Torre dei Guardiani.

«L’origine di tutti gli aneddoti è l’aver chiesto in comodato dal Comune un rudere, senza la disponibilità di risorse economiche e solo con la forza dell’incoscienza e delle braccia per lavorare. Poi tutto venne da sé… qualche donazione di materiali edili, soldi messi da parte da noi stessi, tanta limpidezza di obiettivi e relazioni. E, soprattutto, la capacità di passare intere serate, in un sottano messo a disposizione da una nostra amica, a discutere in gruppo su come eseguire gli interventi. Ognuno diceva la sua, anche senza averne le competenze professionali. Si scontravano la concretezza di un mastro muratore con la voglia di osare di giovani architetti. Le posizioni di chi voleva ottenere un risultato subito, anche limitato, con quelle di coloro i quali avrebbero rinunciato a risultati immediati pur di avere qualcosa di più grande».

E poi i materiali raccattati dappertutto. Venuti a sapere della demolizione della vecchia cantina Cooperativa in via Valle Noè, recuperammo lo stipite in pietra di una porta per usarlo come architrave del camino. Fu uno sforzo da folli… caricarlo a braccia in tante persone su un camion di un nostro amico, portarlo in campagna e sollevarlo fino alla sua attuale posizione. Quell’architrave è ancora li, e ci ricorda l’impresa che ci sembrò titanica. O l’iniziativa “Un tetto per la Torre”, con la quale aprimmo una sottoscrizione tra chi voleva sostenere il progetto e che vide il coinvolgimento di tantissime persone.

E poi il campo di lavoro che ci fece guadagnare l’articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno “Rinunciano alle ferie per amore di Masseria”! Le giornate di agosto passate a spostare macerie, ad impastare malta per il massetto del tetto… ognuno con le sue forze e capacità: da chi aveva le mani lisce da studente o studentessa a chi aveva le mani rugose da operaio. E poi arrivava la sera… una doccia goliardica realizzata con acqua gelida di un pozzo di acqua piovana di un terreno vicino, una pasta asciutta e del buon vino consumati su un tavolo messo sotto un albero, tante chiacchiere e tutti in tenda per una gran dormita».

Torre dei Guardiani è la meta privilegiata per astrofili e per escursionisti. Ancora oggi rappresenta quello che era nato come un sogno di ragazzi innamorati dell’Alta Murgia nonché capaci di vedere le sue potenzialità?

«Prima di intraprendere il progetto di Torre dei Guardiani, sottoscrivemmo un “Documento di intenti” il quale descriveva le motivazioni condivise del progetto stesso. La conclusione del Documento recitava: “…Nessuno, tra sottoscrittori di questo documento, può prevedere se quanto abbiamo intenzione di fare rimarrà un sogno di alcuni individui o acquisterà una vita reale. In tutti e due i casi, tuttavia, avremmo comunque raccolto delle persone idealmente attorno ad un tavolo a discutere di un progetto e delle idee che lo hanno generato; nel momento in cui, anche poche persone avranno sacrificato parte del loro tempo per qualcosa che vada al di là della vita privata, avremmo già raggiunto il primo importante successo”.

Sono passati tanti anni e Torre dei Guardiani oggi è un Centro visite del Parco dell’Alta Murgia. Non pretendiamo che chi se ne occupi abbia le stesse idee di un gruppo di ragazzi degli anni ’90. Le contingenze, le suggestioni e le idee cambiano ed è giusto così; ognuno è libero di interpretare i tempi che vive. Quello che ci auguriamo è che Torre dei Guardiani non venga asetticamente trattata come un “Ufficio” o un “Edificio”. Per la storia recente dell’associazionismo a Ruvo di Puglia, spero sia chiaro che è molto di più: un simbolo del saldo “Patto tra la Città e la Murgia”, nato dalla voglia di fare Comunità in un territorio sano e bello».

Quali azioni devono essere svolte e perché?

«Per quanto detto, Torre dei Guardiani ha bisogno di essere aperta con un progetto di gestione che abbia un lungo orizzonte temporale.

Penso che gli sforzi dell’Ente Parco vadano proprio in questa direzione. Mi auguro che la gestione venga fatta, oltre che sulla base di convenienze economiche, sulla base di una passione per l’unicità di quel territorio: solo così si potranno trasferire suggestioni oltre a fornire servizi.

Non dobbiamo dimenticare che la Murgia, per propria natura, è votata maggiormente a un turismo esperienziale e meditativo, piuttosto che a un escursionismo canonico il quale guarda più alla performance fisica».

È in programma un evento celebrativo dei 30 anni di Torre dei Guardiani?

«Sarebbe opportuno un evento che non documenti banalmente quello che abbiamo fatto noi, ma la crescita di un progetto attorno ad un edificio nato realmente da una volontà collettiva, successivamente presa in carico da un Ente pubblico di gestione del territorio».

sabato 2 Marzo 2024

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Anna De Astis
Anna De Astis
1 mese fa

Una narrazione intensa, esaustiva e commovente, anche concreta e lungimirante. Grazie ragazzi e concittadini per aver pensato per tutti noi! Ad maiora semper

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