521 anni fa

Angelo Tedone: «Con la Disfida di Barletta verso l’Unità d’Italia (una lotta durata 360 anni)»

Ettore Fieramosca porta la disfida al campo dei francesi © Salvatore Fergola (autore del dipinto) e Giwiller (autore della riproduzione fotografica), CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons
Il 13 febbraio 1503, da Ruvo partirono 13 cavalieri francesi alla volta di Barletta per combattere contro altrettanti cavalieri italiani. Angelo Tedone, cultore di storia locale, dedica un nuovo saggio a questo episodio
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Il 13 febbraio 1503 dal Castello di Ruvo di Puglia, capitanati da Charles de Torgues soprannominato Monsieur Guy de la Motte, 13 cavalieri francesi partirono alla volta di Barletta per combattere contro altrettanti cavalieri italiani, guidati da Ettore Fieramosca.

Prima della partenza, ai francesi era stata impartita la benedizione dal vescovo Spaluzzi, nella chiesa di San Rocco.

Angelo Tedone, cultore di storia locale e direttore editoriale de il rubastino, il periodico edito dalla Pro Loco di Ruvo di Puglia, dedica un nuovo saggio – “Con la Disfida di Barletta verso l’Unità d’Italia (una lotta durata 360 anni)” – a questo episodio, dai contorni anche leggendari.

«Il valore storico della Disfida di Barletta, al di là delle frequenti tenzoni tra Francesi e Spagnoli, è certamente quello di essere inquadrata nella Guerra d’Italia comprendente il Regno di Napoli ripartito in quattro province. Di queste, Napoli e gli Abruzzi furono concesse ai Francesi, Puglie e Calabria agli Spagnoli. Agli inizi del 1502 insorsero dispute di confine trasformatesi in conflitti militari come quelli di Seminara (Calabria) e Cerignola entrambi vinti dagli Spagnoli.

A tali vicende fece seguito la Disfida di Barletta, ampiamente trattata da questa testata lo scorso anno nella ricorrenza dei 520 anni dall’evento. In calce a quell’articolo fu evidenziato un continuum di lotte protrattesi fino al 1863 per ulteriori 360 anni (Repubblica Partenopea, seconda Repubblica Romana, moti carbonari) sempre con l’obiettivo di dare unità all’Italia riprendendo e conservando lo spirito dei 13 italiani impegnati nella Disfida.

La Disfida di Barletta combattuta il 13 febbraio di 521 anni fa è da considerarsi la prima vera sfida per dare unità all’Italia. Quei 13 cavalieri provenienti da contee, ducati, granducati, piccoli stati (tra i quali quello pontificio) dovettero sconfiggere una presunta superiorità e arguzia dei francesi di stanza a Ruvo che – come scrive lo storico Francesco Guicciardini- alloggiavano nel maniero di piazza Castello con il loro capitano La Palisse “facendo guardie negligenti” offrendo quindi l’occasione agli spagnoli di Consalvo da Cordova di farli prigionieri.

Tale episodio purtroppo non scalfì l’orgoglio innato dei transalpini tanto che alcune frasi pronunciate da combattenti italiani riportate da un trombettista, furono ritenute offensive al punto di chiedere un “incontro d’arme” tra 13 cavalieri francesi e altrettanti italiani. Questi ultimi erano supportati da Consalvo da Cordova, di stanza a Barletta, che rievocava gli antichi onori di una Nazione ancora divisa sottolineando, tra l’altro, che i francesi non avevano mai riportato vittorie sul suolo italiano.

Alcuni “autori di veduta” come Giovan Battista Dominici descrivono un combattimento alla pari tenutosi in zona neutra (appartenente alla signorìa di Venezia) equidistante da Barletta e Ruvo. I 13 italiani rappresentavano tutta la Nazione divisa; infatti Fieramosca, Corallaro, d’Abignenti e d’Abenevole provenivano dall’attuale Campania; Braccalone e Giovenale dal Lazio; Aminale dall’Umbria; Salamone e Albamonte dalla Sicilia; Miale dalle Puglie; Fanfulla dalla Lombardia; Riccio e Romanello dall’Emilia.

Fu uno scontro molto arduo caratterizzato da un’acuta strategia degli italiani (invece di caricare arretravano aprendo varchi nelle proprie fila) con disarcionamenti, scontri con le lance rese inservibili a causa del vento forte passando quindi all’uso di scudi e mazze con entrambi la parti intente ad esaltare virtù, splendore e gloria della propria nazione.  I primi cavalieri disarcionati e feriti furono i francesi quasi a prevedere una vittoria degli italiani che arrivò dopo ore di accanito combattimento allorquando i giudici vollero evitare ulteriore spargimento di sangue dei francesi.

Tale avvenimento volle essere ben presto dimenticato dagli sconfitti tanto che nel 1844 lo storico Giovanni Jatta, dopo aver effettuato alcune ricerche sul campo della Disfida ritrovò pezzi del monumento, eretto in memoria della sfida nel 1583, addossati e inseriti nei muretti. Fu infatti distrutto dal Reggimento Cacciatori dei Francesi nel 1804 e ricostruito nel 1846 dal municipio di Trani a forma di sepolcro romano con 7 metri di altezza e 4 di larghezza.

IL valore eroico degli italiani si riscontra poi nel 1793, a distanza di 290 anni, allorquando fu ricostituita la ‘loggia dei muratori’ ispirata da Ettore Carafa con l’obiettivo di dare unità all’Italia (divisa ancora in repubbliche, ducati e regni) fra illusioni e delusioni, trionfi e sconfitte, progressi e regressi. Il culmine di tale rivolta fu la proclamazione della Repubblica Partenopea del 1799 durata purtroppo pochi mesi e culminata con la decapitazione e fucilazione di tanti martiri tra i quali lo stesso Carafa.

Ma non si trattava di un ‘fuoco ormai spento’: sotto la cenere era ancora acceso il desiderio di dare all’Italia una unica famiglia tanto che le logge dei muratori si ripresentarono più organizzate nel 1848 affiancate dai carbonari durante la seconda Repubblica romana. Ci vollero ulteriori 12 anni di lotte quando Giuseppe Garibaldi il 21 ottobre 1860 dichiarò l’Italia “una, libera, indivisibile”.

Le più attive ‘logge’ operanti nel Barese non a caso furono intitolate a Ettore Carafa (quella di Ruvo), a Ettore Fieramosca (Corato), a Caprera (Trani) a voler sottolineare il rapporto diretto tra i diversi moti durati 360 anni (1503 /1863). In tale contesto si inquadra l’attività del ruvese Nicola Palumbo Vargas ‘venerabile’ della loggia ruvese che già nel 1848 nel corso della Dieta di Bari affrontò i problemi dei ceti umili ripresentatisi nel 1863.  “Non occorre –diceva- distribuire ‘leccornie di umanità’ ma affrontare il problema delle terre e delle masse agricole che chiedevano libertà. IL principale nemico da abbattere non è il Borbone ma il galantuomo che offende i contadini togliendo loro la possibilità di partecipare alla vita comune”.

La Disfida di Barletta fu l’avvenimento che “l’italo valor nei petti accese / la grande speme che non venne meno / di una libera Italia unita e forte” (versi incisi il 28 ottobre 1930 sulla lapide di piazza Matteotti) a voler invocare la continuità delle lotte».

Fonte bibliografica: “Dalla Repubblica Partenopea alla Repubblica Romana’ di Angelo Tedone”

Edizione Dal Sud 2023

martedì 13 Febbraio 2024

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