Il ricordo

Antonio Iurilli: «Vincenzo Montaruli, colto gentiluomo»

Il professor Vincenzo Montaruli
Il professor Antonio Iurilli omaggia il professor Vincenzo Montaruli, scomparso ieri. Di lui ricorda la grande cultura nonché la sensibilità nel rendere onore al medico Domenico Cotugno, in occasione dei 250 anni dalla sua nascita, nel 1986
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Il professor Antonio Iurilli ricorda con affetto, in uno scritto, il professor Vincenzo Montaruli, scomparso ieri.

Docente di Lettere, Montaruli fu assessore alla Cultura e Pubblica istruzione nella prima Giunta Berardi e nella prima Giunta Paparella. Fu tra i fondatori della Università della Terza Età, di cui è stato primo presidente.

«Ho percorso insieme con Vincenzo un non breve tratto di vita politica cittadina, e il ricordo più vivo che serbo di quella sodalità è l’amabile esercizio dello jus murmurandi che esercitavamo con ironica complicità contemplando dall’alto di un’atarassica tribuna il dimenarsi, ingordo e affannato, fra gli incerti e insidiosi meandri dell’agone politico locale, di quella varia umanità che suole occupare, spesso goffamente, il proscenio pubblico cittadino» scrive Iurilli.

«Per quanto lo jus murmurandi evochi foschi scenari di repressione della libertà di parola, non era certo quella la ragione che ci induceva ad esercitarlo, ma un assai più modesto e incruento esercizio di quella “dissimulazione onesta” che non a caso (ce lo ricordavamo reciprocamente con fare sornione) aveva teorizzato un politologo tranese del XVII secolo per resistere senza rimetterci troppo, ma rimanendo coerenti con la propria etica, all’arrogante oppressione della dominazione spagnola sul Regno di Napoli.

Era proprio quella la cifra che accomunava il nostro sentire, e trasformava i nostri brevi momenti di incontro nell’anticamera del Partito o nei corridoi di Palazzo Avitaja in un raffinato sublimare nella comune cultura classica, nelle maliziose citazioni degli autori letti, riletti e spiegati a scuola, le liturgie, spesso di tutt’altro sapore, della politica.

E nel segno di questo comune sentire culturale assumemmo insieme, nel 1986, l’impegno di ricordare il più grande ruvestino di tutti i tempi, Domenico Cotugno, del quale ricorrevano in quell’anno i duecentocinquant’anni dalla nascita: lui nella veste di assessore alla cultura, io in quella di autore, insieme a mia moglie, di una riedizione, antologica e commentata, dell’intero corpus cotugnano. Nacque così una immediata, entusiastica intesa che subito coinvolse anche Riccardo Berardi, sindaco del tempo, e Paolo Chieco, allora presidente della Comunità Montana della Murgia nord-occidentale.

Ma, al di là del compiacimento di vedere accolta dalle massime istituzioni locali la mia opera di giovane ricercatore dell’Università di Bari, mi colpì la sensibilità, civile e intellettuale, attraverso la quale Vincenzo guardò a quel mio lavoro, giudicandolo con navigata esperienza di educatore, nella sobria prefazione al volume che porta la sua firma, duraturo monumento memoriale al pari di quello lapideo che campeggia in piazza Cavallotti, ma soprattutto strumento di divulgazione e di riflessione per le nuove generazioni, anche in ragione dell’impegno che vi avevo profuso nell’offrire in traduzione italiana tutte le opere latine del grande Anatomico ruvestino. Aveva, insomma, da Maestro, colto il senso profondamente etico e civile di quel mio omaggio alla memoria di quello straordinario concittadino.

Questo ricordo, essenziale nel dettarmi queste modeste righe commemorative, è emerso ancor più vivo al cospetto dell’effimero e dell’improvvisato che oggi imperversa nelle strategie culturali locali.

Ti tengano allora compagnia, Vincenzo, in questo nuovo viaggio, le pagine eterne di quei classici che tanto amavi, e soprattutto di quell’Orazio sul cui cammino rubastino hai abitato, e che, complice Epicuro al cui gregge sentiva di appartenere, ci ha insegnato a vivere nascondendoci».

lunedì 29 Gennaio 2024

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