«T’insegnerò l’attesa… Aspetta, aspettami/ sulle scale di casa/ senza muri, né tetti.// Aspetta, aspettami /sul ciglio della strada/ dove cresce erba/ bruciata//. Aspetta, aspettami/ tra i solchi di un vecchio disco/ arato da una canzone di plastica//. Aspetta, aspettami/con le mani giunte/ senza pregare nessuno//. Aspetta, aspettami/ con tutta la mia assenza/aspetta e t’insegnerò/ l’attesa».
A declamare questa lirica è il poemusico Vincenzo Mastropirro, autore della silloge inedita “T’insegnerò l’attesa”, con cui ha vinto il Premio per l’attualizzazione in chiave sociale del discorso poetico nell’ambito della decima edizione del “Premio internazionale Astrolabio – Poesia e microracconti”, la cui cerimonia di premiazione si è tenuta lo scorso 28 ottobre, a Pisa. «Si tratta di una raccolta di 20 poesie inedite in italiano» spiega e, con orgoglio, confida che questo è il 45esimo premio del suo percorso poetico.
Qual è il messaggio di questa lirica e, quindi, della silloge?
«L’attesa è una caratteristica che il genere umano ha perso. Oggi è tutto veloce, non si ha più pazienza, non abbiamo più il gusto dell’attesa, di scoprire pian piano le cose, tutto è caos. Non vogliamo sfogliare la margherita. La schiacciamo, non la vediamo proprio».
Quindi nella lirica c’è l’invito a recuperare la lentezza, il “qui e ora” che consente di riscoprire quello che ci circonda, tra cui le tracce del nostro passato. Come avviene con la lirica Stè e nan-ge stè che correda una delle nove fotografie della mostra “Appia – Work in progress. Memorie digitali di un bene abbandonato”, a cura dell’associazione culturale Cacciatori d’ombre, allestita, sino al 19 novembre, nella Sala dei Templari, in piazza Municipio a Molfetta.
Nove fotografie dedicate alla Regina Viarum, a cui Paolo Rumiz ha dedicato “Appia”, epica narrazione di un cammino lungo la via che collegava Roma a Brundisium (Brindisi). Nove fotografie accompagnate da altrettante liriche in dialetto e in italiano e tutte di Mastropirro. Poesie che raccontano l’anima del territorio.
«Con le mie poesie – spiega Mastropirro – ho voluto sottolineare, da indigeno del posto e della lingua quello che le immagini nella loro pluralità e coralità, a seconda della tecnica dei vari fotografi, descrivono ed evocano. Si tratta di una sottolineatura in versi, di un approccio diverso, di “scatti di poesia” liberamente ispirati alle foto che vogliono creare un filo rosso tra immagine e scrittura. Amo la mia terra in maniera viscerale, mi considero un incubatore perennemente in fermento, dove provo a far germogliare parole nuove dalle zolle della memoria. E per quanto riguarda il progetto Appia, cerco di dare il mio contributo trasformando le parole in armature per aggrappare gli argini di una strada che molti pensano non esista più, ma esiste e il lettore nonché fruitore delle fotografie deve interpretare i segni – parole e immagini – per cercare poi questa strada che stè e nan-ge stè».
La poesia di Mastropirro, infine, è stata portata sul palco del Teatro Mimesis, a Trani, lo scorso 3 novembre, con lo spettacolo “Assoli – Recitar sonando”, nell’ambito del Festival dei dialetti di Puglia e delle lingue locali. Un recital in cui la lirica si è alternata alla musica, per flauto traverso e clarinetti, eseguita dallo stesso Mastropirro con Mauro Altamura. «Un recitar sonando contemporaneo che, attraverso il fiato che si fa poesia e suono, coinvolge tutti» spiega il poemusico.