L'intervista

La sfida di Gianluca, Davide e Paolo: «I lombrichi salveranno la nostra Terra»

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
Gianluca Guastamacchia, Davide Colasanto e Paolo Chieco, titolari di Greenta © Greenta
Gianluca Guastamacchia, Davide Colasanto e Paolo Chieco sono tre cugini ruvesi, imprenditori agricoli under 40 e dalle esperienze cosmopolite, che puntano a diffondere nel territorio un rapporto con la terra più sostenibile
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«Non possiamo più usare indiscriminatamente prodotti di sintesi chimica sui nostri terreni. Abbiamo finalmente capito, purtroppo con grave ritardo, che il suolo non va inteso come un semplice contenitore perché la nostra terra è un organismo vivo!».

A sostenerlo sono i cugini Gianluca Guastamacchia, Paolo Chieco e Davide Colasanto, titolari di Greenta, azienda di agricoltura rigenerativa polifunzionale, a pochi chilometri da Ruvo di Puglia, dedita soprattutto all’allevamento di lombrichi per la produzione di vermicompost.

Guastamacchia, Chieco e Colasanto  sono tra gli imprenditori agricoli under 40 (hanno 35 anni) che, secondo Coldiretti e sulla base dei dati Istati del 7° censimento generale dell’agricoltura, gestiscono aziende agricole in modo più innovativo e sostenibile rispetto ai colleghi “senior”. Sono, infatti, circa 7mila i giovani pugliesi che investono nella terra, dalla coltivazione all’allevamento, dall’agriturismo alle vendite dirette fino alle bioenergie e all’economia green, tanto che, sulla base del rapporto del Centro Studi Divulga, nascono in media al giorno 18 nuove imprese guidate da giovani.

I nostri sono cosmopoliti con salde radici nella terra ruvese. Guastamacchia ha studiato a Bari e a Milano e si è laureato in biotecnologie industriali e ambientali, e contemporaneamente sviluppando esperienza e competenza nella gestione d’impresa. Dopo la laurea in giurisprudenza, Paolo è vissuto e ha  lavorato prima in America del Sud, poi ad Amsterdam dove ha avviato un’attività di ristorazione. Ha una laurea in lettere conseguita a Bologna Colasanto, che ha lavorato nell’editoria a Parigi per poi diventare dottore di ricerca in Storia a New York.

Quando decidete di dare vita a “Greenta”?

«Come la maggior parte dei nostri concittadini, siamo cresciuti con la campagna attorno a noi e nei racconti di genitori e nonni. Negli anni, il desiderio di riavvicinarsi a casa e la voglia di costruire la propria vita dove si è nati hanno combaciato con la volontà d’intervenire in prima persona al contrasto delle urgenze climatiche: problemi che non possono più essere trascurati. Per questo abbiamo pensato d’intraprendere la strada dell’agricoltura rigenerativa».

Il vostro focus sono l’agricoltura rigenerativa e la lombricoltura: perché?

«L’agricoltura convenzionale ha impoverito i terreni attraverso l’utilizzo intensivo e improprio di mezzi tecnici (fertilizzanti di sintesi, insetticidi e diserbanti) portando a un progressivo impoverimento della biodiversità e della sostanza organica, principale indice di fertilità del suolo. L’agricoltura rigenerativa interrompe questa spirale negativa proponendo un approccio completo, integrato e consapevole basato sulla rigenerazione dei suoli, la tutela e accrescimento della biodiversità, rapporti di lavoro rispettosi della dignità umana, e infine sulla rigenerazione e scambio di conoscenze.

La lombricoltura, invece, è la pratica di allevamento dei lombrichi finalizzata a ottenere humus di lombrico o vermicompost. Si tratta di un ammendante naturale ricavato dalla digestione di matrice organica da parte di questi piccoli e instancabili lavoratori. Essi decompongono la sostanza organica rilasciando materiale arricchito di nutrienti e microrganismi che migliorano la fertilità del suolo. L’humus di lombrico migliora la struttura del suolo rendendolo più poroso e soffice, ne incrementa la ritenzione idrica, fornisce una nutrizione completa alle piante, apporta microorganismi utili (batteri benefici, funghi, attinomiceti, etc.) e composti organici naturali (auxine, giberelline, citochinine), e interagisce con composti organici di sintesi (immobilizzando e disattivando diverse sostanze tossiche)».

Come si svolge una giornata tipo in azienda?

«La lombricoltura è la nostra attività principale: cerchiamo di mantenere l’habitat ideale dei lombrichi gestendo umidità e temperature delle lettiere, in modo che essi possano costantemente mangiare e trasformare matrice organica in humus. Al termine di questo processo, raccogliamo l’humus e, dopo averlo fatto asciugare fino a raggiungere un’umidità del 40-50%, lo vagliamo, separiamo e insacchettiamo secondo diverse granulometrie, in modo da coprire una più vasta gamma di bisogni agronomici. L’humus è quindi pronto per essere distribuito sul terreno e dare forza vitale alle piante.

Ma non è finita qui. Siamo un’azienda agricola polifunzionale e, seguendo i ritmi stagionali, ci occupiamo dei nostri campi coltivando verdure ed ortaggi, funghi cardoncelli, olive, mandorle e uva da vino. Tutto è svolto seguendo i principi dell’agricoltura rigenerativa e usando il nostro humus.

Ruvo è una città da sempre a vocazione agricola. C’è curiosità da parte degli addetti al settore per questa nuova modalità di praticare l’agricoltura in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030?

«Come sottolineato, non possiamo più usare indiscriminatamente prodotti di sintesi chimica sui nostri terreni. Avere un suolo ricco e fertile è la condizione imprescindibile per avere piante forti, sane e produttive. Usare concimi organici come l’humus di lombrico riduce costi ambientali ed energetici. Si risparmia acqua, risorsa sempre preziosa soprattutto di questi tempi siccitosi (l’humus trattiene acqua fino a 20 volte il proprio peso), si lavora meno il terreno e quindi si consuma meno carburante (perché un terreno poroso e ricco di sostanza organica permette areazione e facile sviluppo radicale delle piante), si garantisce la biodiversità di piante, insetti e microrganismi che sono invece distrutti dai diserbanti di sintesi. Finalmente sempre più agricoltori si stanno rendendo conto di questi problemi, anche in conseguenza all’aumento dei costi energetici dovuto ai problemi di distribuzione post-Covid ed alla guerra in Ucraina. Anche da noi, molti agricoltori che hanno provato il nostro humus ne hanno riscontrato utilità ed efficacia ambientale nonché economica. Siamo una città giustamente legata alla nostra tradizione, ma sappiamo mostrare interesse, volontà e tenacia verso le novità necessarie per lo sviluppo sostenibile del nostro futuro».

Inoltre, in ossequio proprio al principio di condivisione dei saperi, Greenta da diversi mesi fa parte, con altre aziende locali dedite all’agricoltura sostenibile e con famiglie, de La Ràkene, una sperimentale comunità di supporto all’agricoltura che si fonda su ecologia, cooperazione e autodeterminazione, promuovendo l’accesso a un cibo salutare per tutti. L’intento è di dare vita a una filiera corta, etica e solidale con attraverso la condivisione del rischio agricolo e il prefinanziamento della produzione.

Quali sono i vostri auspici?

«L’obiettivo principale dei prossimi anni è quello di aumentare la produzione dotandoci di mezzi meccanici più performanti ed incrementare le lettiere. Siamo sulla buona strada dato che siamo riusciti a portare da 30 a 200 metri quadri la superficie complessiva delle lettiere. Ma vogliamo anche sensibilizzare cittadini e professionisti del settore sulle tematiche dell’agricoltura rigenerativa e sull’importanza del suolo per il nostro fabbisogno alimentare, un problema che riguarda individui e comunità».

domenica 4 Dicembre 2022

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