La nota

Accanto alle donne iraniane, Rifondazione Comunista: «Il Consiglio comunale prenda posizione con un ordine del giorno»

Corteo in Svezia a supporto delle donne iraniane che protestano per la morte di Mahsa Amini © Unsplash
«Il Consiglio comunale si attivi affinché il Governo italiano, l'Unione europea e la Comunità internazionale condannino fermamente la repressione delle proteste seguite alla morte di Mahsa Amini»
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La sezione ruvese del Partito di Rifondazione comunista chiede che il Consiglio comunale iscriva all’ordine del giorno l’appello al Governo italiano, all’Unione europea e alla comunità internazionale affinché non solo condannino fermamente la dura repressione delle proteste delle donne e uomini iraniani a seguito della morte, a soli 22 anni, di Mahsa Amini, arrestata e picchiata dalla Polizia religiosa di Teheran per non aver correttamente indossato il velo, dal quale spuntavano ciocche; ma si attivino per fermare la repressione dei diritti umani, a danno soprattutto delle donne.

«Nelle ultime settimane si sta assistendo a una durissima repressione da parte delle autorità e delle forze di polizia iraniana ai danni della popolazione curdo-iraniana e iraniana – si legge nella nota-, provocando la morte di un centinaio di manifestanti e più di mille feriti dall’inizio delle proteste.

Sono state arrestate migliaia di persone, tra cui donne, uomini, avvocati e giornalisti, con testimonianze di percosse, violenze sessuali, torture e altri atti di oppressione. La morte della ventiduenne curdo-iraniana Mahsa (Zhina) Amini a Teheran, arrestata per non aver indossato “un vero e proprio hijab”, ha suscitato indignazione e nuovi tumulti di piazza: dopo il suo funerale le donne curde di Saqqez (città d’origine di Amini) si sono tolte il velo e lo hanno bruciato per protestare contro la brutalità della polizia e l’uso del velo reso obbligatorio in Iran dopo la rivoluzione del 1979.

La violazione dei diritti da parte delle autorità iraniane contro le donne curde e contro i diritti fondamentali, sociali e civili del popolo curdo iraniano sono in aumento. I curdi in Iran subiscono da decenni una discriminazione profondamente radicata. I loro diritti sociali, politici e culturali vengono quotidianamente repressi, così come le loro aspirazioni economiche. Il sistema discriminatorio nega ai curdi l’uguaglianza nei diritti, nell’occupazione e nella partecipazione politica.

Le donne curde iraniane subiscono una doppia discriminazione: come curde che vivono in una comunità emarginata e come donne in una comunità governata da una cultura patriarcale, che impedisce loro l’accesso ai servizi, al lavoro, a cariche pubbliche e istruzione. Le donne iraniane subiscono discriminazioni nella legge e nella pratica, anche in relazione a matrimonio, divorzio, violenza domestica, eredità e cariche politiche. Il Parlamento iraniano ha ulteriormente minato il diritto alla salute sessuale: oggi in Iran si possono vendere contraccettivi solo con prescrizione medica, è vietata la vasectomia e la tubectomia, tranne quando la gravidanza potrebbe mettere in pericolo la vita di una donna ed è soppresso l’accesso ai test di screening prenatale.

Il governo iraniano criminalizza la condotta sessuale consensuale tra persone dello stesso sesso con punizioni che vanno dalla fustigazione alla pena di morte. Le “terapie di conversione” approvate dallo Stato, che vedono l’utilizzo della tortura e di altri maltrattamenti, sono rimaste prevalenti nel paese, anche contro i bambini.

Con una proposta di ordine del giorno, chiediamo dunque al Consiglio comunale di attivarsi affinché l’Italia, l’Unione europea e la comunità internazionale tutta condannino fermamente gli atti di violenza e di discriminazione contro le donne e la limitazione delle libertà della popolazione civile iraniana e curdo-iraniana. Si assuma una posizione netta contro gli atti di discriminazione e di oppressione contro la popolazione civile curda, non solo in Iran, riconoscendo il diritto all’autodeterminazione del popolo curdo, cioè quel diritto legale delle persone di decidere il proprio destino nell’ordine internazionale, come sancito dal preambolo e dall’art. 55 della Carta delle Nazioni Unite».

sabato 8 Ottobre 2022

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