La lettera aperta

Cleto Bucci: «Usi e abusi di Largo e Larghetto del Carmine»

Largo e larghetto Carmine © RuvoLive.it
Il priore dell'Arciconfraternita del Carmine, Raffaele Campanale, aveva chiesto a Bucci se fosse consono che gli spazi antistanti una chiesa o perimetrali alla stessa fossero adibiti a parcheggio o accogliessero tavolate. Ecco la risposta
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In una lettera aperta, Cleto Bucci, cultore di storia locale, già ispettore onorario all’Archeologia per il territorio di Ruvo di Puglia nonché console regionale per la Puglia del Touring Club Italiano, invita il priore dell’Arciconfraternita del Carmine, Raffaele Campanale, a esercitare il diritto di chiedere all’Amministrazione che sia posta fine all’«uso e abuso di Largo e Larghetto del Carmine» da parte di chi parcheggia veicoli o consuma cibo. La lettera è rivolta anche al vescovo Domenico Cornacchia e al sindaco Pasquale Chieco. Di seguito il testo.

«Egregio Signor Priore,

qualche tempo addietro mi chiedeva se nello spazio antistante una chiesa o  nelle adiacenze dei muri perimetrali di un tempio, fosse consono, appropriato e pertinente far sostare autoveicoli privati o consumare cibi e bevande su apposite tavolate.

Domanda legittima e per nulla sciocca anche se bisognerebbe esser cauti nel dare  risposte azzardate. Bisognerebbe analizzare lo stato attuale dei luoghi e la storia delle aree che circondano l’edificio.

Senza giri di parole e senza retro pensieri capii bene, senza che lei la nominasse, che si riferiva alla chiesa del Carmine di cui lei è dignitosamente Priore. Sottintesi erano gli spazi circostanti che, a lume di naso, apparivano e appaiono abusivamente o impropriamente occupati.

A suo tempo, quando mi pose la domanda, su due piedi e senza pensarci, le dissi che il tutto non appariva normale, ma mi occorreva del tempo per capire meglio la storia e le vicissitudini del luogo.

Oggi, dopo aver fatto le ricerche del caso, penso di poterle dare una risposta esaustiva ed esauriente, condivisibile o meno per quanto si crede, sia dall’Amministrazione Comunale che da alcuni cittadini.

Andiamo con ordine.

In origine, pochi anni dopo la costruzione della seconda chiesa di san Vito (antico nome della chiesa del Carmine), la situazione dei luoghi intorno a quella chiesa,  si presentava completamente diversa da come appare oggigiorno, così come in molte altre parti della nostra città.

Come lei sa bene, sul sito della demolita primigenia chiesa di san Vito, nell’anno 1614 fu costruita una seconda chiesa che aveva il prospetto in corrispondenza della facciata dell’attuale chiesa del Carmine (ora terza chiesa sullo stesso sito). Tra la facciata di quella chiesa e la Strada dello Specchio seu Contrada di san Vito[1] (oggi via Cattedrale) esisteva una casa di proprietà di tal Domenico Desiata. Tale casa, come ben si può immaginare, non solo pregiudicava la visuale della facciata della chiesa da quella che oggi è via Cattedrale, ma era molto d’impaccio all’accesso dei confratelli e dei fedeli al sacro edificio.

Pertanto nell’anno 1618 la Confraternita propose al Desiata di vendergli detta casa con lo scopo di abbatterla e così poter disporre, davanti alla chiesa, di uno spazio utile alle manifestazioni e alle necessità della Congrega. Desiderio che si concretizzò nell’agosto dello stesso anno con un atto di compravendita così come leggiamo nella Platea della vostra Congrega a pagina 20:

Per fare la piazza avanti la Porta maggiore di S. Vito dal Depositario Giuseppe Velonna, sono li 15 Agosto 1618, si comprò una Casa da Dom.co di Desiata per lo prezzo di docati Ottantacinque, però dal sud.to Depositario si sborzarono docati Ventinove, e li rimanenti docati Cinquantasei restarono al Sette per Cento, di potersi affrancare in due volte [2].

L’Atto notarile, in data 15 agosto 1618, fu redatto in latino dal Notar Antonio Bonadies tra Domenico Di Desiata, proprietario dell’immobile e la Confraternita rappresentata dal Rev.mo don Bernardo Fasulo primicerio della chiesa Cattedrale e rettore della Venerabile Confraternita di Santa Maria di Monte Carmelo nella chiesa di S. Vito, parteciparono all’Atto Antonio Cyano prefetto, Bernardo Velonda consiliere e segretario.

Il documento che suggella legalmente quanto sopra esposto, lo trova presso l’Archivio di Stato di Trani, Atti redatti dal notar Antonio Bonadies, nel faldone dell’anno 1618  alle pagine 217, 218, 219, 220.

Un problema analogo si pose qualche decennio più tardi: la mancanza di spazio lungo il lato settentrionale della chiesa e propriamente in quella parte prospiciente la porta settentrionale  dell’edificio. L’Amministrazione confraternale del tempo tanto brigò e tanto fece che nel 1643 ottenne da tal Nicolò Galasso la donazione di uno Casaleno, seu Orto che nel giro di qualche mese furono trasformati nello spiazzo che ancora oggi vediamo.

Di questo ne dà contezza la già citata Platea del Carmine:

Inoltre per la Piazza fatta d’avanti la Porta piccola di detta Chiesa di S. Vito fu donato alla Cong.ne Uno Casaleno, seu Orto dal divoto Nicolò Galasso, col peso d’una Servenia di Carlini dieci al R.mo Cap.lo di Ruvo. [3]  

Nell’Atto Notarile stipulato dal q.m Notar Sebastiano Veneto nell’anno 1643 si legge che tale Nicolo Galasso (…) dice di tenere e possedere come vero una casa (…) seu orto dentro questa città di Ruvo nella contrada di S. Vito, quale orto desidera (per) sua devozione donare e cedere alla confraternita del Carmine residente in detta chiesa di S. Vito, acciò possa ampliare la piazza accanto alla chiesa.

Nell’Atto è ben specificato che il Galasso fa questa donazione per ampliare il largo avanti la porta piccola di detta chiesa (…) e (…) affinchè detto Largo sia utile ed onore alla chiesa. Per la Confraternita sottoscrivono il Padre rettore D. Orazio De Rosis, tal Martino Velonda, il consigliere segretario d. Orazio Rocca, il segretario Angelo Ferrario e altri.

Questo secondo carteggio, che si compone della parte in latino (pag. 31, 32, 33, 34) e una in italiano (e di cui una parte porta la data del 31 maggio 1643), si trova nel faldone del Notaio Sebastiano Veneto dell’anno 1643 e si conserva presso l’Archivio di Stato di Trani.

Le due aree sopra descritte, quindi, bensì ad uso dei ruvesi, sono di pertinenza della chiesa e non pubbliche.

E adesso che succede?

Io ho mantenuto la promessa di estrarre dal buio dei secoli passati quanto la Confraternita cercava.

Sta ora a Lei, signor Priore, il prosieguo della storia. Con questi dati e con queste certezze non le resta che armarsi di carte e di pazienza, salire i gradini del Comune, portarsi dal Sindaco, che legge per conoscenza, e far valere le ragioni dell’Arciconfraternita: riappropriarsi di quegli spazi realizzati secoli addietro ad uso di cittadini e fedeli, nonché a decoro della chiesa del Carmine, e mettere finalmente al bando parcheggi e tavolate».

[1]  Planta Regia o Platea dell’Arciconfraternita del Carmine, ms. 1748,  pag. 19.

[2]   Planta Regia o Platea dell’Arciconfraternita del Carmine, ms. 1748,  pag. 20.

[3] Planta Regia o Platea dell’Arciconfraternita del Carmine, ms. 1748,  pag. 20.

domenica 4 Settembre 2022

(modifica il 5 Settembre 2022, 9:05)

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francesco amenduni
francesco amenduni
1 anno fa

con tutto il rispetto e l’ammirazione per il certosino, impagabile e impareggiabile lavoro di ricerca del concittadino Bucci … non ci vuole un’arca di scienza per comprendere che negli spazi pertinenti e antistanti gli edifici di culto, di qualsiasi culto, scene goliardiche e goderecce non sarebbero opportune… men che mai parcheggi permanenti di mezzi … però, però, però … mi sia consentito un pensierino malignetto, questa regola dovrebbe valere per tutti i luoghi sacri. mi risulta invece che per la cattedrale si chiuda un occhio, essendo la via zuppetta attualmente occupata quasi per intero dai tavolini di un esercizio insistente sulla stessa via … pav condicio, diceva quel tale, con quella odiosa “evve moscia”, pav condicio …

Liam Oliver
Liam Oliver
1 anno fa

Vero, ma vorrei ricordare che nelle strade o nelle grandi piazze italiane che affiancano le grandi cattedrali d’Italia, la ristorazione è spesso concentrata intorno a quei luoghi. Questo anche per dare vita proprio alla Chiesa anche in orari più tardi. Basti vedere Piazza Duomo a Milano. Ovviamente non sto confrontando la nostra cattedrale con il duomo milanese, ma voler attaccare degli esercizi commerciali di ristorazione perché vicini alla Cattedrale mi sembra quasi anormale. L’unica cosa a cui io invece mi lamenterei sono i tavolini e le sedie bianche super moderne utilizzate da un locale in particolare proprio sotto la Cattedrale, che fanno davvero storcere il naso. Al proprietario, se mai leggesse il mio msg, inviterei a posizionare delle sedute più consone, magari in stile neoclassico, invece di quelle porcherie.