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“Il mare dei ruvesi” è pulito. Goletta Verde analizza le condizioni delle acque di Bisceglie

La Redazione
Tra i depuratori analizzati, quello di Ruvo-Terlizzi è sottoposto all'attività dell'autorità giudiziaria insieme ad altri 35
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Livelli di inquinanti ancora molto elevati in nove casi su trenta (in un caso si parla di mare “fortemente inquinato” per l’elevato inquinamento microbiologico).

Sono stati a Bari i risultati del monitoraggio effettuato in Puglia da Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata all'analisi del mare e all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane – realizzata anche grazie al contributo del Coou, il Consorzio obbligatorio degli oli usati.

I prelievi e le analisi sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente nei giorni 24, 25 e 26 giugno. I campioni sono stati prelevati in corrispondenza delle foci di fiumi, canali e torrenti. I parametri indagati sono microbiologici (Enterococchi intestinali, Escherichia coli); sono stati considerati “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (decreto legislativo n. 116 del 2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.

I dati sono stati presentati questa mattina a Bari da Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia e da Giorgio Zampetti, responsabile scientifico dell'associazione del cigno, alla presenza di Giovanni Giannini, assessore alle Infrastrutture e Lavori Pubblici della Regione Puglia e Nicola Ungaro, della direzione scientifica Arpa Puglia.

Dall'associazione ambientalista la richiesta, indirizzata ai sindaci, di fare fronte comune per chiudere il ciclo della depurazione con la realizzazione dei recapiti finali e al neo presidente della Regione, Michele Emiliano, di istituire una cabina di regia fra assessorati competenti per puntare al massimo utilizzo in agricoltura dell’acqua depurata e affinata.

Sono 187 i depuratori a servizio degli agglomerati pugliesi. «Su questi – commenta Legambiente – continuano ad insistere problemi di funzionamento e criticità che, in alcuni casi, rendono inefficace la depurazione dei reflui». La scarsa disponibilità idrica superficiale naturale condiziona fortemente la tipologia dei recapiti finali nella regione. Questo comporta che solo il 4% dei recapiti finali dei depuratori è costituito da corpi idrici superficiali significativi, il 76% è costituito da lame e corsi d’acqua minori o dal suolo (attraverso trincee drenanti), il 16% recapita a mare.

Gli scarichi nel sottosuolo, vietati dalla norma nazionale, costituiscono il 4% del totale. Attualmente sono scesi a 8 gli impianti che continuano a scaricare nel sottosuolo, con grave rischio di inquinamento delle falde acquifere (Casamassima Vecchio, Cassano delle Murge Vecchio, Carovigno Vecchio, Lesina Marina, Uggiano la Chiesa, Manduria Vecchio, San Giorgio Jonico e Martina Franca).

Dal monitoraggio effettuato dall’Arpa Puglia nel 2014 (ben 2.399 controlli) sulla conformità dei reflui in uscita sono stati riscontrati superamenti rispetto ai limiti tabellari per almeno per un parametro monitorato in 33 depuratori tra cui Bari Ovest, Bitonto, Corato, Molfetta, Andria, Barletta, Trani, Trinitapoli, Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia, Bovino, Ascoli Satriano, Bovino, Cerignola, Foggia 1, Monte Sant’Angelo, San Severo, Serracapriola, Castrignano del Capo, Uggiano La Chiesa, Crispiano, Martina Franca, Monteiasi e San Giorgio Jonico.

A fronte di queste criticità – emerge dai dati di Legambiente – sono state avviati gli interventi di potenziamento e adeguamento su 47 depuratori: 2 sono in attesa di chiusura di procedura di Via, 38 non ancora cantierati e solo 7 realizzati.

Sono, invece, 36 gli impianti sottoposti all’attività dell’autorità giudiziaria: Bari Ovest, Bitonto, Molfetta, Corato, Andria, Trani, Gioia del Colle, Santeramo in Colle (Recapito finale), Lizzano (Recapito finale), Pulsano vecchio (dismesso a maggio 2015), Barletta, Bisceglie, Putignano, Ruvo-Terlizzi, Sammichele di Bari, Galatina-Soleto, Montesano Salentino, San Cesario, S.Pancrazio Salentino, Ostuni, Torre S. Susanna, Monte S.Angelo, Stornarella, Otranto, Lucera, San Nicandro Garganico,  S. Paolo Civitate, Trinitapoli, Cerignola, Peschici, Stornarella, S. Marco in Lamis, Ortanova, S. Severo, Manfredonia, Foggia.

Tra i fattori che possono inficiare il processo depurativo degli impianti ci sono anche gli scarichi anomali (arrivi impropri di acque meteoriche, di vegetazione e di natura lattiero-casearia). L’Acquedotto pugliese rileva che le irregolarità nel refluo in ingresso riguardano il 47% dei campioni prelevati.

In Puglia sono presenti 5 impianti di affinamento, di cui tre regolarmente in esercizio, ovvero Corsano (volume riutilizzato 2014 in agricoltura: 137.975 metri cubi), Gallipoli (volume riutilizzato 2014 in agricoltura: 445.739 metri cubi), Ostuni (volume riutilizzato 2014 in agricoltura: 38.978 metri cubi), e i restanti due, S.Pancrazio Salentino e Trinitapoli, in attesa dei lavori necessari da parte dei rispettivi Consorzi di bonifica per garantire la distribuzione irrigua.

Lo scorso anno, l’Unione Europea ha avviato una nuova procedura di infrazione ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane (procedura n. 2014/2059 del 31 marzo 2014).

Dopo già due condanne a carico del nostro Paese, che hanno coinvolto anche agglomerati pugliesi (Casamassima, San Vito dei Normanni, Casarano, Porto Cesareo, Supersano, Taviano, Monteiasi, Francavilla Fontana e Trinitapoli), l'attuale procedura di infrazione ne interessa 37. Di questi sono 20 gli impianti di depurazione per i quali è in corso l’attività di progettazione (S. Severo, Ascoli Satriano, Castro, S. Ferdinando di Puglia, Poggiardo, Faeto 1, Faeto2, Maglie, Taviano, Specchia, Volturino, Montemesola, Carlantino, Casarano, Supersano, Castrignano del Capo, Castellaneta Marina, Mattinata, Zapponeta e Ginosa Marina).

i campionamenti eseguiti nella provincia di Barletta-Andria-Trani due dei quali risultati “fortemente inquinati”: quello alla foce del fiume Ofanto a Margherita di Savoia e alla foce del canale di ponente (Lungomare Mennea) di Barletta. Entro i limiti gli inquinanti rilevati nell'altro prelievo effettuato a Barletta (spiaggia libera sul litorale di Levante); sulla spiaggia in località Matinelle, a destra del molo, a Trani; sul lungomare Mauro dall'Olio in località Salsello di Bisceglie; alla spiaggia riserva Torre di Calderina, sempre a Bisceglie. Va inoltre sottolineato che i tecnici di Legambiente hanno eseguito anche un prelievo in corrispondenza dello scarico presso la villa comunale di Trani, da sempre punto critico, ma al momento del campionamento era chiuso e non sono state riscontrate anomalie.

Tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, c’è anche il corretto smaltimento degli olii esausti. Proprio per questo anche quest’anno il Consorzio obbligatorio degli oli usati è partner di punta della storica campagna estiva di Legambiente. Attivo da 31 anni, il Coou garantisce la raccolta degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale, che vengono poi avviati al recupero.

L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare.

sabato 11 Luglio 2015

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