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Caputi Iambrenghi: «Una speculazione pseudo ambientalista»

La Redazione
La costruzione di una centrale a biomasse al confine di Ruvo continua a far discutere.
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Ieri sera i rappresentanti del Comitato "No Biomasse Corato Ruvo" hanno partecipato insieme a Legambiente ad un incontro sul tema promosso dalla sezione di Corato di Rifondazione Comunista.

Introdotto da Vito Conca, neo segretario di Rifondazione Comunista Corato, ha presentato l’argomento Luciano Piccarreta, presidente del Comitato, che ha voluto subito descrivere la collocazione geografica della centrale di produzione di energia elettrica: zona agricola "San Cristoforo" in agro coratino, al confine con il territorio di Ruvo di Puglia, tra via Gravina e la cosiddetta “Rivoluzione”.

L’impianto, compreso in cinque ettari di terreno, consisterebbe in due capannoni circolari di 16 metri di altezza e di 30 metri di diametro a cui si aggiungerebbero due camini di 10 metri di altezza. La durata dell’impianto sarebbe pari a trent’anni come riportato dal progetto originario.

«Esso però non contiene rassicurazioni sulla salute pubblica -ha incalzato il dott. Piccarreta- non specifica come si svolgerà la fermentazione del cruscame che produce, tra gli altri, metano e zolfo. Inoltre, la centrale emanerà anche diossina e polveri sottili con notevole dispersione di calore nell’atmosfera. E pensare che siamo nei pressi del Castel del Monte, dall’alto valore turistico».

Molto accalorato è stato l’intervento del professor Onofrio Caputi Iambrenghi, vicepresidente del Comitato, che ha voluto esortare i presenti ad una presa di consapevolezza attiva del problema.

«Non facciamo dietrologia, ci basiamo sui dati: la quantità enorme di biomasse utilizzate, 2.4 tonnellate ora, investe tutto il territorio. L’intera zona, coratina e ruvese, verrebbe violentata per una centrale dal potere energetico relativamente basso.

Per favorire gli interessi di un’unica azienda si ledono quelli degli agricoltori, dei residenti, delle sale ricevimenti, dei residui del nostro passato come il tratturo Barletta Grumo, dei costruttori. Considerate che è in previsione la realizzazione di Calendano come frazione di Ruvo di Puglia con la presenza di 2.000 abitanti. Non è un progetto ecologico, è una speculazione pseudo ambientalista!» ha attaccato.

La questione, secondo Caputi, sarebbe alla base: le biomasse hanno l’obiettivo di recuperare energia da residui prodotti in loco.

«Ma il grano di Casillo è prodotto in ben altre zone del mondo!» ha stigmatizzato il professore non risparmiando un’accusa perentoria al Sindaco Luigi Perrone: «Negli scorsi giorni egli ha preso l’impegno a Bruxelles di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 20% e ora autorizza questo impianto nel territorio che legalizza l’importazione di anidride carbonica».

Secondo i dati estratti dal progetto, che non conterrebbe alcun sistema di monitoraggio, l’impatto occupazionale sarebbe minimo con due dipendenti dello stesso Molino impiegati non a tempo pieno. Ben più preoccupanti, come riportato dal prof. Caputi (chirurgo oncologo), sono i dati regionali relativi all’incidenza di tumori a Corato: la percentuale di uomini affetti da cancro è superiore del 20-40% alla media regionale mentre per le donne siamo tra il 5 e il 20% oltre la media.

A Ruvo invece il dato sarebbe in calo del 5-20% per gli uomini rispetto alla media regionale mentre resterebbe immutato per le donne. Il vicepresidente del Comitato ha infine ricordato la grande partecipazione popolare che la città di Ruvo sta avendo con la firma di numerose petizioni e la posizione ufficiale assunta dall’amministrazione locale: il Consiglio Comunale ruvese ha infatti votato all’unanimità un ordine del giorno che chiede la valutazione di impatto ambientale della centrale e il coinvolgimento della città alla pari di Corato.

Giuseppe Maldera, in rappresentanza di Legambiente Corato, è voluto tornare sul recente comunicato della sezione coratina ispirato al “metodo dell’ambientalismo scientifico”. Diversi i punti da rivedere secondo Legambiente, in primis la presenza basilare di impianti a filiera corta (con il 100% di biomassa recuperata ad un raggio di 70km). Inoltre il progetto Casillo è sprovvisto di un piano di approvvigionamento non chiarendo l’origine delle biomasse utilizzate. Infine, l’impatto sul traffico sarebbe stato sottostimato.

«Stiamo facendo un’analisi approfondita, vogliamo dare un supporto da un punto di vista scientifico» ha concluso Maldera denunciando l’assenza a Corato di Piano Urbanistico Generale aggiornato.

Come sottolineato anche nell’ultimo Consiglio Comunale, in ballo non c’è solo il suddetto impianto a biomasse ma la costruzione ulteriore di tre centrali (due biomasse e una biodiesel). Anche per questo motivo i vertici del Comitato hanno annunciato un incontro con il Sindaco fissato per lunedì 5 dicembre alle 19.

venerdì 2 Dicembre 2011

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