Cultura

Tarshito per il Festival Talos

La Redazione
Nicola Strippoli è per tutti "Tarshito": architetto, designer, artista, ma soprattutto se stesso, ovunque si trovi e con chiunque si relazioni.
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Dall’8 settembre al 14 settembre Il convento dei Domenicani ospiterà la mostra dell’artista Nicola strippoli in arte Tarshito. Le sue opere sono ispirate al vaso di Talos.

Tarshito significa in sanscrito "sete di conoscenza interiore". È il nome che il maestro Bhagwan Shree Rajneesh diede a Nicola Strippoli, architetto, nato a Corato (Puglia, Meridione d’Italia) nel 1952.
Era il 1979, anno del suo primo viaggio in india. Laureato di fresco alla Facoltà di Architettura di Firenze nel clima sperimentale dell’Architettura Radicale, viaggiava verso l’Oriente aperto a ricevere sollecitazioni, curioso del mondo. L’incontro con la dimensione spirituale dell’India è, come tutti i veri incontri, trovato e non cercato. A Pune incomincia per Tarshito quel cammino che tutt’ora percorre, inattaccabile da mode, flussi, riflussi, considerazioni esterne. Là impara a integrare il suo punto di vista e la sua esperienza di uomo occidentale, attivo e determinato, con la pratica della meditazione. Là incontra quello spazio interiore da cui originano la sua creatività e la sua pratica progettuale.

Tarshito porta il suo nome con la fierezza di un guerriero d’amore e con la responsabilità e la gioia che gli vengono dall’avere intuito e sperimentato il suo "centro", quel punto di equilibrio che lo radica a terra e gli permette di aprirsi all’esperienza.
Nicola Strippoli è per tutti "Tarshito": architetto, designer, artista, ma soprattutto se stesso, ovunque si trovi e con chiunque si relazioni. Dalla cattedrale di Bari all’abitazione di una famiglia, dalla dark room di una discoteca ad un museo, alle gallerie e alle scuole dove interviene facendo progetti, performance, conferenze.
Tarshito è uno: la sua vita e il suo lavoro, le proposte che fa agli altri e quelle che paratica per sé.
Non appartiene a correnti, è un outsider delle tendenze e un insider di quel flusso di ispirazione e sollecitazioni che, detto secondo le sue modalità, dal Cielo scende sulla Terra.
Adotta materiali e simboli che appartengono a tradizioni e culture antiche, ma il suo lavoro aderisce al presente e vuole contribuire a costruire il futuro.
Aperto ad ogni tecnica, le padroneggia tutte senza possederne alcuna, in grado come è di trasferire la propria ispirazione a bravi artigiani, siano essi pugliesi o tibetani, che diventano, come per incanto, i suoi alleati. Insieme tendono al miglior risultato, progetto e messa in opera hanno uguale valore, indissolubili e reciprocamente necessari.

Dagli anni ’80 coinvolge progettisti, famosi o neofiti, e più recentemente studenti di accademie e scuole sperimentali, parlando loro di sacralità, amore, gentilezza e tracciando connessioni invisibili fra il cuore e la mente, fra sè e l’altro, fra la Terra e il Cielo. Va incontro a designer e artisti, come Alessandro Mendini, Mario Mertz, Nanda Vigo e tanti altri che hanno segnato l’evoluzione del linguaggio contemporaneo, per proporre loro la condivisione di avvenimenti celebrativi (la serie dei "Buon compleanno"), o la realizzazione di oggetti rituali (i "Tappeti della Meditazione"). Fino al 1987, nella vita e nel lavoro è accompagnato da Shama Cinzia Tandoi, straordinaria figura di ricercatrice, "designer-shamana".

Tarshito abita il pianeta con naturalezza e, sembra, senza sforzo. Da Bari, la città dove vive con la sua famiglia e ha il suo studio di progettazione, passa a Sassari dove insegna, si sposta in India dove realizza opere con gli artigiani, a Milano nella sua casa-galleria e ancora qua e là, dove lo invitano ad operare. In ogni posto è a casa e dovunque crea relazioni e dinamizza situazioni. Così facendo costruisce il suo personale mandala, icona della sua esistenza dove le esperienze contano, belle o brutte che siano, purchè si riconducano in quel "centro" dove il silenzio e il vuoto assomigliano alla sua esperienza di Dio.

Dagli inizi della sua attività, Tarshito inventa funzioni e categorie di oggetti capaci di indurre ritualità. Praticare i suoi spazi e i suoi oggetti resta il miglior veicolo per capire di cosa si tratti, per esempio sentire il corpo che "suona" pizzicando le corde di "Eterna", chaise-longue della serie degli "strumenti musicali abitabili"; bere facendo tintinnare la campanella accorpata al boccale di ceramica verde e oro; addormentarsi guardando scorrere sul muro di cera una fiammella che profuma; camminare scalzi sul pavimento di terra e lavarsi mettendo le mani sotto al getto d’acqua che viene da un geode di ametista; viaggiare per le strade con un automobile decorata con i contorni di nazioni e continenti ridisegnati secondo la "geografia sacra"; ricevere la luce che filtra da un quarzo rosa o dalle agate incastonate nel soffitto dorato.

domenica 7 Settembre 2008

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massimo_de_grado
massimo_de_grado
15 anni fa

urca

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