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Caccia: perplessità delle associazioni ambientaliste sul piano venatorio della Provincia

La Redazione
Italia Nostra, LAV, LIPU e WWF scrivono una nota all'indirizzo dei politici della Provincia di Bari e della Regione Puglia.
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Si articola in 16 punti la nota inviata dalle Associazioni ambientaliste all’attenzione del Presidente della Regione Puglia, del Presidente della Provincia di Bari, degli assessori alla Caccia e Pesca e all’ecologia della Regione Puglia, dell’assessore alla Caccia e Pesca della Provincia di Bari, dei dirigenti degli uffici preposti e di tutti i Gruppi consiliari della Provincia di Bari.

Secondo le Associazioni la lettura del P.F.V. 2007-2011 proposto dalla Provincia di Bari non può che indurre molteplici perplessità e obiezioni, visto che in più di un aspetto appare ignorare le Direttive Comunitarie, la Legge Quadro n. 157/92, la Legge Regionale n. 27/98, le recenti Direttive congiuntamente firmate dagli Assessori all’Ecologia e all’Agricoltura della Regione Puglia e redatte con lo scopo di rendere i Piani Faunistici Provinciali omogenei fra loro e più coerenti alla normativa di settore. Non si tiene conto, altresì, di autorevoli sentenze e pareri più volte ribaditi da giurisprudenza consolidata.

Numerose le obiezioni e le osservazioni espresse nella nota diffusa. A partire dalla questione sulla fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, che non può ritenersi, così come invece dichiarato nel P.F.V. proposto dalla Provincia di Bari, “tutelata anche con il prelievo venatorio“. In realtà diminuisce il numero di aree sottratte alla caccia: si passa da 18 Oasi di Protezione a 10 e addirittura da 15 Zone di Ripopolamento e Cattura a 2!

Le Zone di Ripopolamento e Cattura sono un ulteriore elemento di protezione della fauna nel mosaico del territorio. Il Piano presentato elimina buona parte di queste aree adducendo la motivazione “perché mai gestite”. Un’affermazione che già suscita perplessità in merito alla gestione del territorio agro – silvo – pastorale da parte della Provincia e sulle priorità con le quali sono state gestite le apposite risorse pervenute

In apparenza il Piano sembra destinare a protezione quasi un terzo (31.84%) della superficie agro – silvo – pastorale, ma in verità questo calcolo non solo disattende le direttive della Regione Puglia, ma contrasta anche con sentenze amministrative oramai acquisite nella giurisprudenza di settore: viene inclusa illegalmente una quota del 10% per la quale non esiste riferimento né in termini tabellari né tantomeno cartografici.

Insomma un P.F.V. che suscita notevoli preoccupazioni, anche in considerazione delle illegittimità in merito alla presenza delle aree ricomprese nella Rete ecologica “Natura 2000” (SIC e ZPS). Si nota, inoltre, come nel Piano proposto dalla Provincia di Bari non si faccia alcuna menzione del Decreto 25 marzo 2005 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio che adotta, a norma della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio.

Sostanzialmente la scelta delle aree individuate dalla Provincia di Bari come degne di essere sottoposte a protezione è quantomeno opinabile. Dal calcolo delle superfici le aree preluse alla caccia si limitano solo al 21,72% (comprensivi degli 68.000 ha del Parco Nazionale dell’Alta Murgia) e già questo comporterebbe la possibilità di poter accogliere o perlomeno valutare le richieste di istituzione di nuove oasi di protezione. Emblematico e illuminante il caso ‘Boccadoro – Ariscianne’, la cui richiesta di istituzione come nuova Oasi di Protezione è rimasta inevasa: nonostante la gran mole di lavoro in termini di concertazione politica, istituzionale, associativa, tecnica, che potrebbe essere presa ad esempio proprio dalla Provincia di Bari, le Oasi richieste non sono state istituite, né risultano inserite nella proposta di Piano.

Appare incongruente alla normativa l’inclusione dei Parchi Nazionali delle Riserve Naturali dello Stato e comunque di aree protette istituite con normativa statale, nel calcolo della superficie destinata a protezione, tenuto conto del principio espresso dal TAR Lazio sez. II – BIS, nella sentenza n. 231 del 19 febbraio 1998, passata in giudicato. Inoltre, nel Piano il territorio agro-silvo-pastorale della Provincia di Bari viene stimato sulla scorta del dato ISTAT del 2000 e questo costituisce un grave limite in merito alle effettive superfici del territorio, un limite che avrebbe potuto essere evitato mediante l’utilizzo di una metodica GIS. Sempre con la teoria che vi sia il 31,84% di territorio vietato alla caccia, sono rimaste inevase le richieste di istituzione di nuovi fondi chiusi.

Riguardo gli incendi boschivi, il Coordinamento Regionale per la Puglia del C.F.S., nel marzo 2004 ha presentato il catasto regionale delle aree percorse dal fuoco in Puglia nel periodo 2000-2003. Le Amministrazioni interessate dispongono quindi di una base informativa dettagliata comprendente i dati catastali ed anagrafici relativi ai soprassuoli boscati interessati dagli incendi. Occorrerebbe, pertanto, stilare nel Piano un elenco puntuale con relativa cartografia delle aree boschive incendiate,

Nel paragrafo sugli aspetti faunistici si citano specie come il fagiano, la starna e la pernice che nella Provincia di Bari non sono minimamente presenti! Nel Piano si afferma, inoltre, che “la popolazione di volpi nel territorio della provincia di Bari risulta in continua crescita” e che pertanto la Provincia di Bari starebbe elaborando un regolamento per la caccia alla volpe e al cinghiale. Ci si chiede quali siano i dati che indicano questo incremento della popolazione di volpi e cosa c’entri in questo ambito la caccia al cinghiale.

Sembra singolare e poco aderente alla normativa che la Provincia di Bari non si occupi di vietare la caccia nelle aree dove è stata riscontrata la presenza del lupo, specie prioritaria e di interesse comunitario. Il DPR 357/1997 aggiornato e coordinato al DPR 120/2003 indica, fra le specie animali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa, di cui all’allegato D, proprio il Canis lupus e all’art. 8 prevede, tra l’altro, anche il divieto di perturbare tale specie.

Nel Piano, infine, si afferma che nella provincia “l’esercizio venatorio da appostamento fisso, è poco sentito”. È noto, invece, che nell’ottobre 2003 la magistratura tranese pose sotto sequestro alla foce dell’Ofanto una dozzina di appostamenti fissi costruiti in ferro e cemento. Come dire che la caccia da appostamento fisso è praticata, ma senza le necessarie autorizzazioni e neanche gli obbligatori controlli da parte della Provincia di Bari, tant’è che a Foce Ofanto si spara ancora!

Tenuto conto che siamo alla redazione di un Piano che è stato prorogato già per due volte (la cui naturale scadenza era l’agosto 2003) non comprendiamo la precarietà dei dati espressi e il mancato rispetto delle normative vigenti.

martedì 17 Aprile 2007

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