Politica

Parla Vito Ippedico, sostenitore del “Sì”

Elio Tedone
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Siamo a meno di 24 ore dalla due giorni referendaria. Domenica e lunedì l’Italia deciderà se approvare il testo della legge costituzionale concernente le modifiche alla Parte II della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005.

Ne abbiamo discusso con l’avvocato Vito Ippedico, presidente del circolo di Alleanza nazionale e sostenitore del “Sì”.

Abbiamo pensato di parlare degli eventuali cambiamenti partendo proprio dalle perplessità mostrate dalla parte opposta, dal centrosinistra e dai sostenitori del “No”, provando così a fornire un quadro complessivo della questione. 

Avvocato Ippedico, la parte politica avversa alla vostra sostiene che queste modifiche alla Costituzione non portino ad un buon federalismo ma ad un cattivo bicameralismo, con un ulteriore complessità nella realizzazione delle leggi.

“Credo che i 177 parlamentari in meno rispetto ai record di abbondanza toccati dall’attuale Governo, le diminuzione di poltrone e quindi sovrastrutture e costi, possa solo rendere il sistema più rapido, più efficiente e con meno burocrazia. Le leggi non dovranno più essere approvate da due Camere distinte, a cui tocca lo stesso compito ripetuto per due volte. La Camera dei deputati si occuperà dei provvedimenti che riguardano lo Stato mentre il Senato affronterà le questioni regionali”.

Ma se vince il “Sì” i parlamentari verranno ridotti solo dal 2016. Come mai?

“Questo è dovuto alla necessità, da parte degli organi preposti, di rivedere e riformare tutti i collegi elettorali; un’operazione che, per essere compiuta bene, non si può effettuare dall’oggi al domani”.

Altro aspetto contestato è quello del ruolo del Presidente della Repubblica. Secondo i sostenitori del “No”, infatti, perderebbe molte delle sue funzioni attuali.

“Io ritengo invece che, con la vittoria del “Sì”, il Capo dello Stato andrebbe a garantire tutti, chi governa e chi va all’opposizione, ma soprattutto i cittadini, che sono il fulcro di questa riforma”.

E’ un punto questo che interessa molto i nostri visitatori. Ci spieghi il perché.

“Con questa modifica al testo costituzionale saranno i cittadini ad eleggere direttamente il Capo del Governo e la sua maggioranza, che governerà per l’intera legislatura, senza alcun pericolo di ribaltoni, come qualcuno ci ha abituato negli scorsi anni.

Nessuno, infatti, potrà tradire il voto popolare e spostarsi da una parte all’altra. Il nuovo premier, nel caso dovesse esserci, potrà essere scelto solo dalla maggioranza, altrimenti il Governo cade e si torna a casa, dando ancora una volta la parola agli elettori che torneranno alle urne. E poi c’è il federalismo, che punta proprio al trasferimento dei compiti, per rendere gli organi decisionali più vicini al cittadino”.

Ecco, a proposito di federalismo e devolution, il fronte del “No” sostiene che questa riforma creerà Regioni di serie A e Regioni di serie B.

“Ormai i termini devoluzione e federalismo hanno perso il loro significato originario e si sono trasformati per qualcuno in sinonimi di poteri maggiori dati al Nord a discapito del Sud.

Questo non è assolutamente l’obiettivo di questo referendum. Lo spostamento di poteri dallo Stato alle Regioni, in materia di Sanità, Istruzione e Polizia locale non deve spaventare, ma deve al contrario rassicurare i cittadini. Ogni territorio, infatti, ha le proprie necessità, che sono diverse da quelle degli altri, e solo così si potranno avere risposte concrete ai problemi.

In questo modo le Regioni, le Province e i Comuni potranno governare in piena autonomia e le decisioni importanti potranno essere prese da quello che è l’ente più vicino ai cittadini, che meglio conosce le loro necessità. A ncora una volta, quindi, restano i cittadini al centro di tutto”.

Ma il centrosinistra sostiene che si andrebbe ad introdurre un regionalismo sfrenato se dovesse vincere il “Sì”.

“Sinceramente trovo paradossale questa cosa, visto che mi risulta molto più sfrenato il regionalismo della riforma che la sinistra fece passare per pochi voti nel 2001. In quel provvedimento c’era, tra l’altro, un’incapacità di controllo da parte dello Stato e mancava anche qualsiasi ritocco al numero dei parlamentari e alla riduzione di qualsiasi sovrastruttura burocratica”.

I vostri avversari politici dicono di non essere chiusi a qualsiasi tipo di modifica, ma di voler decidere tutti insieme sui cambiamenti da introdurre.

“A questo punto è necessario fare un reframe storico per rispondere alla domanda. Dal 1946 la Costituzione fu formata non con l’accordo di tutti gli italiani, ma solo con una parte di questi e quindi già per questo oggi non potrebbe rappresentare una nazione che vede delle forze nuove sulla scena politica.

Basti pensare che i partiti politici dell’attuale centrodestra (Forza Italia, An, Lega, ndr) in quel tempo non esistevano. Poi, se questo non bastasse, c’è stata la riforma già fatta dalla sinistra nel 2001, nel periodo subito precedente all’insediamento del Governo Berlusconi, senza tener in grande considerazione quelle che erano le nostre idee.

Credo, quindi, che non ci si può accusare di questo: al contrario stiamo lavorando per rendere il testo costituzionale più attuale, più dinamico, più vicino alle nuove forze politiche e ai bisogni del cittadino”.

venerdì 23 Giugno 2006

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