Politica

Ruvo Democratica e Cristiana ricorda Aldo Moro nel 44° anniversario della sua uccisione

La Redazione
Il presidente Salvatore Bernocco si sofferma, in particolare, sul contesto storico-politico del "caso Moro" che, ancora oggi, solleva interrogativi
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È dedicato ad Aldo Moro e alla sua scorta il saggio di Salvatore Bernocco, presidente di Ruvo Democratica e Cristiana, nel quale si rievoca il 9 maggio 1978, giorno in cui lo statista, rapito a marzo dello stesso anno dalle Brigate Rosse, fu ritrovato senza vita nel bagagliaio di una Renault Rossa, in via Caetani a Roma. Bernocco si sofferma, in particolare, sul contesto storico-politico del "caso Moro" che, ancora oggi, solleva interrogativi.

«16 marzo 1978 – si legge -. Ore 9,00 circa. Via Mario Fani in Roma, quartiere Trionfale. I terroristi rossi (ma vi era parecchia gente quel giorno in via Fani) uccidono gli uomini della scorta dell’On. Aldo Moro:  Domenico Ricci (42 anni), Oreste Leonardi (52 anni), Giulio Rivera (24 anni), Francesco Zizzi (30 anni), Raffaele Iozzino (24 anni). Rapiscono il Presidente della Democrazia Cristiana, l’uomo politico più influente di quegli anni, una mente pensante, l’uomo del dialogo e del confronto prima con il P.S.I. e poi con il P.C.I. Il 16 marzo – e non fu di certo un caso – era previsto il dibattito alla Camera dei Deputati e il voto di fiducia al quarto Governo presieduto da Giulio Andreotti. Si trattava di un momento storico per la vita politica ed istituzionale del Paese: per la prima volta dal 1947, il P.C.I. avrebbe concorso direttamente alla maggioranza parlamentare che avrebbe sostenuto il nuovo esecutivo. Principale artefice di questa complessa e difficoltosa manovra politica fu proprio Aldo Moro.

Dopo 55 giorni di detenzione nella cosiddetta “prigione del popolo” (in realtà in più prigioni, in più luoghi), il corpo esanime di Moro, crivellato di colpi d’arma da fuoco, fu ritrovato il 9 maggio nel bagagliaio di una Renault rossa, in via Caetani, via a metà strada tra la sede della Democrazia Cristiana e quella del P.C.I. Un’altra casualità non casuale. Un messaggio chiaro alla politica italiana: D.C. e P.C.I. non devono collaborare e male ha fatto Moro a non adeguarsi ai diktat americani.

La vedova di Aldo Moro, Eleonora Chiavarelli, dichiarò al primo processo contro il nucleo storico delle Brigate Rosse, davanti al presidente Severino Santiapichi, che suo marito era inviso agli Stati Uniti fin dal 1964, quando venne varato il primo governo di centro-sinistra (governo Moro I), e che più volte era stato ammonito da esponenti politici d'oltreoceano a non violare la cosiddetta logica di Jalta. Le pressioni statunitensi sul marito, stando alla deposizione della signora Moro, s'accentuarono dopo il 1973, quando Moro era impegnato nel suo progetto di allargamento della maggioranza di governo al P.C.I. Nel settembre del 1974 il Segretario di Stato americano, Henry Kissinger, in occasione di una visita di Stato di Moro negli Stati Uniti, lo avvertì della pericolosità di tale legame col P.C.I. Fu, anzi, molto più esplicito e cinico. E di nuovo, nel marzo 1976, gli avvertimenti si fecero più espliciti. Egli fu avvicinato da un alto personaggio americano che lo apostrofò duramente.

Di fronte alla Commissione parlamentare d'inchiesta, la moglie di Moro rievocò così l’episodio: "È una delle pochissime volte in cui mio marito mi ha riferito con precisione che cosa gli avevano detto, senza svelarmi il nome della persona. […] Adesso provo a ripeterla come la ricordo: 'Onorevole (detto in altra lingua, naturalmente), lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui, o lei smette di fare questa cosa, o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere' ". Ma Moro non cambiò idea e, per l’appunto, la pagò cara. Molte di queste teorie si basarono sull’ipotesi che la ricerca di un compromesso tra i partiti di governo e il Partito Comunista Italiano, al fine di creare un governo di grande coalizione, stesse profondamente disturbando la cosiddetta pax americana. Questo, secondo alcuni osservatori, porterebbe a ritenere che quanto accaduto a Moro potesse andare a vantaggio degli Stati Uniti.

Due testi scritti dal giornalista investigativo Paolo Cucchiarelli, che fu ospite a Ruvo e tenne una conferenza molto seguita presso la Pinacoteca comunale, sono fondamentali per comprendere il caso Moro: “Morte di un Presidente” (2016) e “L’ultima notte di Aldo Moro” (2018), editi entrambi per i tipi di Ponte alle Grazie. In quei due testi si racconta ciò che nessuno ha mai raccontato dell’operazione Fritz. Consigliamo vivamente di leggerli e di farne tesoro.

A distanza di 44 anni da quei tragici avvenimenti che cambiarono il corso della vita politica italiana, Ruvo Democratica e Cristiana desidera ricordare i Martiri di via Fani e l’On. Moro, che tanto si prodigò per lo sviluppo del Mezzogiorno e della nostra città, da Lui spesso visitata.

Noi che conserviamo la lucida memoria di quei terribili giorni, avendoli vissuti in prima persona, ci auguriamo che essa sia tramandata alle giovani generazioni, le quali devono in particolare ricordare le parole che papa Paolo VI dedicò al Suo amico, una commovente preghiera che il Santo Padre recitò il 13 maggio durante i funerali di Stato dello Statista: “E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo Uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla Fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui”».

lunedì 9 Maggio 2022

(modifica il 17 Maggio 2022, 15:54)

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