Cronaca

Falso in atto pubblico e truffa aggravata per 71 medici pugliesi

La Redazione
Scoperti e denunciati dalla Guardia di Finanza
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Al termine di sei mesi di articolate indagini, il Gruppo Repressioni Frodi del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari ha denunciato all’Autorità Giudiziaria 71 medici, responsabili, a vario titolo, dei reati di “falso in atto pubblico” e “truffa aggravata” ai danni del Servizio Sanitario Nazionale.


L’indagine traeva origine da una preliminare attività d’intelligence che consentiva di acquisire, a carico di un primo nucleo dei citati professionisti, significativi elementi indiziari, che venivano immediatamente rimessi al vaglio della Procura della Repubblica di Bari.


A partire dal gennaio scorso i militari operanti, su delega del Sostituto Procuratore della Repubblica, Dr. Carmelo Rizzo, hanno raccolto, presso le Aziende Sanitarie Locali pugliesi, tutta la documentazione relativa ai corsi di formazione specifica in medicina generale, organizzati per il periodo 2002-2006 dalla Regione Puglia, indetti con apposito decreto ministeriale ed hanno eseguito una serie di riscontri esterni.


L’analisi di tale documentazione ed il raffronto con í dati acquisiti sia attraverso la consultazione del Sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria che mediante i riscontri esterni sulla documentazione fiscale posta in essere dai citati professionisti, hanno permesso di accertare che questi ultimi, in palese violazione di specifico divieto normativo, con il loro comportamento, hanno indotto il Servizio Sanitario Nazionale ad erogare borse di studio per i corsi frequentati, attestando falsamente, nella prevista dichiarazione sostitutiva di notorietà, presentata ai fini dell’ammissione al corso, l’insussistenza di cause di incompatibilità o serbando dolosamente il silenzio sulle circostanze di incompatibilità venutesi successivamente a configurare.


I controlli effettuati, infatti, hanno evidenziato che i medici, oltre alla borsa di studio, hanno percepito compensi scaturiti sia dalla loro attività libero-professionale prestata presso altri presidi ospedalieri dislocati sul territorio regionale o presso strutture private, sia da prestazioni nei propri studi professionali, in violazione dei dettami di legge che disciplinano l’organizzazione e la didattica dei corsi oggetto d’indagine.


La normativa di riferimento relativa all’organizzazione ed alle didattica dei corsi di formazione specifica in medicina generale è da individuarsi in due decreti legislativi: il primo, del 17 agosto 1999, nr. 368 ed il secondo, dell’8 luglio 2003, nr. 277.


Lo stesso Ministero della Salute, con proprie circolari inviate ai competenti uffici regionali, aveva precisata che il “concetto di formazione a tempo pieno comporta di per sé la totale inibizione da ogni attività lavorativa, dipendente, libero-professionale, convenzionale o precaria con il Servizio Sanitario Nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private”.


In conseguenza di ciò, anche l’Assessorato Regionale alla Sanità, con proprie disposizioni interne, aveva rimarcato il principio ai Direttori Generali delle AA.SS.LL. sedi di corsi di Medicina Generale ed ai Presidenti degli Ordini Provinciali dei Medici.


Lo stesso Assessorato aveva inoltre precisato che, in ordine all’istituto della incompatibilità per i medici frequentanti il corso di formazione di medicina generale, in caso di accertamento di situazioni di incompatibilità, queste dovevano essere considerate quale impedimento “ab origine” con contestuale recupero delle somme corrisposte.


I medici vincitori ammessi alla frequenza dei corsi, alla luce delle disposizioni normative vigenti, hanno, quindi, dovuto perfezionare la domanda di partecipazione alle attività formative, a pena di decadenza, con la produzione di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, nella quale hanno attestato l’inesistenza di cause di incompatibilità con la partecipazione al corso di formazione specifica in medicina generale nonché la conoscenza degli obblighi di legge relativi alle incompatibilità consequenziali all’obbligo dei partecipanti “a tempo pieno”, con obbligo di frequenza alla totalità delle attività teoriche e pratiche del servizio nel quale si effettua la formazione.


I professionisti interessati, quindi, in sede di attestazione dell’inesistenza di cause di incompatibilità, hanno dichiarato il falso, inducendo in inganno l’ente erogatore, producendo un danno al Servizio Sanitario Nazionale quantificato in circa un milione e mezzo di euro.

giovedì 8 Dicembre 2005

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