Che l’Ottavario del Corpus Domini sia la principale festa locale non ci sono dubbi. È una festa religiosa e civile. E ha o dovrebbe avere tutte le caratteristiche della tradizione, che è tale se c’è il rispetto della consuetudine e dei valori originari, con un costante riferimento alla cornice storica ed ai suoi contenuti culturali e civili.
Le tradizioni non sono vecchie cassepanche riposte in soffitta, riesumate di tanto in tanto, a seconda della sensibilità del particolare momento storico e politico, con le Destre che tendono ad esaltarle e con le Sinistre che, invece, puntano a sottovalutarle.
Tradizionalmente e storicamente le cose stanno in questi scarni termini, sebbene, ad onor del vero, l’attaccamento alle tradizioni di certa Destra sappia di vecchio e di stantio, e si faccia del proprio meglio per distinguere fra Tradizione e tradizioni: la prima è l’archetipo, il logos, l’inossidabile, come sostiene fra l’altro un intellettuale di Destra, Marcello Veneziani</strong>; le seconde sono dei rimasugli di cui ci si può disfare in qualsiasi momento, senza provare eccessivi sensi di colpa.
Per le Sinistre, invece, che nelle tradizioni vedono spesso il trionfo del passatismo e l’antitesi del progressismo, vi è pure una quota di esse funzionale al bene collettivo. Detta quota corrisponde più o meno a ciò che le Destre rubricano alla voce Tradizione, seppure depotenziata di quella carica di spiritualità e di eterno che vi soffia.
Per le Sinistre, difatti, la religione è un fatto sociale, una costruzione meramente umana, e per tale ragione, non per altro, ad essa si deve attenzione.
Evito poi di addentrarmi nel machiavellismo, nel punto dove si suggerisce al Principe di esibire, di ostentare quasi, la propria religiosità, perché ciò gli attirerebbe il favore popolare (e delle gerarchie ecclesiastiche). Esempi ne abbiamo avuti, e non da gente di Sinistra.
Ad ogni modo, quali che siano le concezioni politiche e filosofiche, che ho dovuto esemplificare per ragioni di spazio, a Ruvo le forze politiche hanno mostrato sempre attenzione alle tradizioni popolari, chi in misura maggiore, chi in misura minore.
Solo che da qualche anno a questa parte, e a prescindere dal colore delle amministrazioni, o meglio delle gestioni commissariali, ecco che alla tradizionale (nel senso condiviso) Festa dell’Ottavario del Corpus Domini si sono devoluti pochi ed insufficienti fondi, declassandola così a festicciola paesana. Il peso della Tradizione si è via via assottigliato, ed oggi sembra che di essa possa farsi benissimo a meno.
Dalla Tradizione, quindi, alla tradizione.
Se ne occupa, con un manifesto ben scritto e condivisibile, la Pro Loco di Ruvo, che chiede che finalmente si dia una svolta all’Ottavario, le si restituisca quella dignità, quel decoro, quel valore consolidati da circa 500 anni di storia locale.
Mezzo millennio di storia e molte generazioni di ruvesi non sono poca cosa. Esse diedero lustro a Ruvo, forse perché più prossime al senso ed al sentimento del sacro di quanto non lo siamo noi.
È un peccato che per soldi o per spilorceria, per incapacità organizzative o per scarso attaccamento di taluni alle cose che contano, questa nostra festa non se la passi bene, sia come un malato allo stato terminale o in prognosi riservata.
Gli estensori del manifesto, chiedono interventi urgenti e decisi, fra i quali la costituzione di un comitato “qualificato e qualificante”, che operi con assoluta trasparenza e coinvolga esperti in "cose" ruvesi (Ruvo per troppo tempo è stata amante dello straniero, forse è ora che si cambi registro), categorie economiche, culturali e sociali, spesso assenti o presenti solo simbolicamente.
Ma la richiesta centrale è rivolta alla Civica Amministrazione, affinché sia consapevole del proprio ruolo e torni ad essere il “motore” della festa.
Non è soltanto una questione di soldi, ma purtroppo senza denari tutto diventa più difficile, anche organizzare una festa che, molto tempo fa, era il vanto del nostro paese.