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Luigi Di Vella, l’eroe sconosciuto

La Redazione
​Nato a Ruvo di Puglia nel 1912, sergente autiere, la notte dell'8 settembre 1943, dopo l'armistizio, difese lo stabilimento Lancia di Bolzano e salvò dai tedeschi i 40 soldati sotto il suo comando​
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Luigi Di Vella nasce a Ruvo di Puglia nel 1912. Nel 1930, a soli 18 anni, parte volontario per l’Africa; in Libia, Cirenaica ed Etiopia.

Poi torna nella sua regione d’origine, dove apre una piccola impresa di trasporti. Nel 1940, all’inizio della seconda guerra mondiale, viene richiamato in servizio nel Corpo d’Armata di Bolzano, dove si trasferisce con l’amata moglie Anita.

Nell’aprile del 1943 viene spostato nella «Fabbrica Automobili Lancia», dove coordina e dirige 40 autieri, gli autisti dell’esercito. Soldati che non combattono, ma guidano i mezzi per il trasporto di uomini e di materiali. Il loro compito è collaudare i “Ro”, autocarri prodotti dagli operai della fabbrica e destinati al fronte.

L’8 settembre di quell’anno Di Vella è già a casa, quando apprende dell’armistizio attraverso il radiogiornale delle 20. Ha 31 anni e un bimbo di pochi mesi, Nicola.

E in un momento di generale confusione e di panico, in cui ogni certezza viene meno e davvero in pochi sanno cosa fare, prende una decisione che lo renderà «protagonista di uno dei rarissimi episodi di resistenza ai tedeschi nella nostra città: la difesa dello stabilimento Lancia». Le parole sono del giornalista Luca Fregona che per primo, dopo oltre settant’anni, ha portato alla luce la storia di questo eroe sconosciuto e l’ha pubblicata lo scorso 10 settembre sul quotidiano Alto Adige. Una storia, scrive ancora nell’incipit del suo articolo, «rimasta chiusa in un cassetto, custodita con umiltà e pudore. E che ora – in un atto d’amore dei figli verso un padre che non c’è più – va detta».

Quella sera il sergente autiere Luigi Di Vella saluta la sua famiglia e va in fabbrica. Fa posizionare i militari ai suoi ordini, armati, ma anche molto spaventati, davanti alle finestre del primo piano. Dal comando gli dicono di combattere, e lui esegue gli ordini, mentre fuori i tedeschi danno la caccia ai soldati italiani. Verso le 22 arrivano alla Lancia, e gli uomini di Di Vella iniziano a sparare, mentre gli operai del turno di notte vengono portati nei rifugi anti-aerei. Per diverse ore i 40 impediscono l’ingresso al nemico, ma non possono durare ancora molto.

È ancora il loro capo a comprenderlo e, di conseguenza, a prendere l’iniziativa, per la seconda volta quel giorno. Un’altra decisione coraggiosa che salverà le vite di tutti. Fa indossare ai suoi uomini le tute blu della fabbrica, così quando all’alba un carro armato sfonda il cancello d’ingresso e le truppe tedesche irrompono alla ricerca di quelli che avevano aperto il fuoco dall’interno, trovano solo armi abbandonate. E operai. Che vengono fatti uscire incolumi. I nemici non si accorgono che tra le loro fila si sono mimetizzati i 40 soldati. Che «in tal modo poterono nei giorni seguenti raggiungere le proprie case, sfuggendo alla cattura e al conseguente internamento in Germania»; così scrive in un rapporto del 1949 il capitano Giacomo Zanghi. Anche la Lancia, nello stesso anno, elogiò ufficialmente il comportamento del sergente.

Dopo l’episodio, però, Di Vella è costretto a nascondersi perché i tedeschi sanno chi è e lo cercano. È sempre la Lancia a procurargli un contratto di lavoro e documenti falsi, grazie ai quali sopravvive fino alla fine della guerra. Dopo la liberazione, torna in servizio al Corpo d’Armata di Bolzano.

Muore nel 2004, a 92 anni. Sono stati i figli Nicola e Michele a raccontare la sua eroica storia, di cui però pare che il protagonista parlasse poco, dicendo di aver fatto solo quello che doveva.

mercoledì 13 Settembre 2017

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anna di terlizzi
anna di terlizzi
6 anni fa

complimenti sinceri ai figli che hanno reso noto gesta eroiche di cui i famigliari ne ignoravano . l' esistenza. grazie da noi ruvesi