Cultura

Anna Sabina Tedone e il suo «bisogno di arte»

Elena Albanese
​Originaria di Ruvo di Puglia, vive in Svizzera, a Baden. E mentre i suoi quadri vengono valutati per una prestigiosa Fiera internazionale che si tiene a Roma, lei li espone laddove tutto è iniziato…​
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Anna Sabina Tedone ha lasciato Ruvo di Puglia «nel 1989 quando, dopo aver conseguito il diploma di specializzazione per l’insegnamento ad alunni portatori di handicap inseriti nella scuola primaria, partii alla volta di Milano, nella cui provincia mi fu assegnata la prima supplenza annuale. L’anno successivo superai il concorso magistrale e intrapresi la carriera di docente di scuola primaria a pieno titolo con l’immissione in ruolo, giacché inserita nella graduatoria di merito di quella provincia».

Alla fine del 2002 si è trasferita in Svizzera, a Baden, dove tutt’ora vive con la sua famiglia.

«La pittura (e prima ancora il disegno) – racconta a RuvoLive.it – sono stati una costante nella mia vita, fin da giovanissima. Era la modalità espressiva a me più congeniale. Chi mi conosce ora non immaginerebbe mai che in passato io sia stata una ragazzina timida e introversa, che trovava rifugio nel disegno per soddisfare il suo bisogno espressivo».

Non ha mai seguito un percorso di studi specifico, ma l’arte le si è “avvicinata” fin da quando era una bambina. «Quando frequentavo la scuola primaria, nell’edificio “San Giovanni Bosco”, durante una sperimentazione del tempo pieno, fu proposto l’insegnamento di discipline che per quei tempi erano assolutamente aliene al sistema», ricorda Anna. Tant’è che nel lontano 1974 («o forse era 1975?»), uno spaurito quanto impacciato insegnante venne a darci lezioni di inglese. «Non solo! Si occupava anche di darci i rudimenti di educazione artistica attraverso la sperimentazione di tecniche pittoriche differenti, dall’uso del pirografo alla pittura su ceramica, sulle quali era non solo ferrato, ma di un entusiasmo contagioso!». Si trattava infatti di Mauro Grumo, artista riconosciuto a livello internazionale. «Mi piace credere – dice oggi Anna Tedone col senno di poi – che sia stato lui a darmi una sorta di imprinting artistico, sebbene sia per soggetto che per ricerca di stile espressivo, i miei e i suoi lavori non siano paragonabili».

Un amore, il suo, che lei fa crescere e alimenta con costanza nel corso del tempo. «Grazie alla caparbietà e alla determinazione che mi contraddistinguono quando nutro un vero interesse e attraverso l’esercizio della manualità quasi giornaliera, sono riuscita a indirizzare il talento naturale, a colmare lacune teoriche e ad addomesticare l’impetuosità della mia passione con rigore metodico. Cosa davvero eccezionale – precisa – perché, come tutti i creativi, faccio fatica a osservare i limiti restrittivi imposti dalle regole, qualunque esse siano!.

L’input che ha dato modo alla pittura di entrare a far parte della mia vita in modo concreto è venuto proprio da mia sorella Nella – come la chiamiamo in famiglia –, che non ha mai dubitato del mio talento, con una lungimiranza che sfiora la chiaroveggenza. Ha sempre creduto in me: mi ha incoraggiata, sostenuta, e oserei dire perfino istigata a proseguire».

Come la fatina buona di una fiaba, un giorno è tornata a casa da Bari, dove frequentava l’università, e come se avesse la bacchetta magica ha fatto comparire pennelli e colori a olio che aveva acquistato coi suoi risparmi, dicendole “Adesso non hai più scuse. Dipingi!”.

Questo imperativo per Anna è diventato categorico, un vero e proprio dovere morale, che l’ha condotta alla scoperta delle sue potenzialità. «Da allora mi sono messa in gioco, provando giorno per giorno a dare forma al mio estro, forgiandolo con pazienza, con determinazione, con rinunce e perfino con sofferenza, soprattutto quando l’impeto della passione non era sufficiente a compensare l’inadeguatezza della tecnica».

Rinunce. Come quando «nel 1992, uno dei primi anni a Milano, mi ero iscritta a un Corso per Artefici alla prestigiosa Accademia di Brera. Dopo aver superato la prova iniziale ed essere stata ammessa a frequentarlo, ho partecipato a poche lezioni prima di decidere mio malgrado di smettere. Si svolgeva infatti di sera, e proprio in quell’anno avevo superato il concorso magistrale. Mi era stata assegnata una sede lontanissima da casa, che mi costringeva a uscire presto al mattino per farvi ritorno solo a sera. Era un momento importante della mia vita e ho dovuto fare una scelta».

Inoltre, «quando sono diventata madre, per anni mi sono imposta di non dipingere, poiché ho sempre prediletto la tecnica a olio (benché ne abbia provate altre) e con dei pargoletti in giro per casa sarebbe stato pericoloso per via dei solventi. In quel periodo ho declinato il mio bisogno di arte dedicandomi alla scrittura».

Oggi che i suoi figli sono «abbastanza grandi e autonomi», Anna ha ripreso in mano i pennelli e, «come una diga che venga perforata, la mia passione ha ripreso a fluire dapprima in rivoli e ora, da circa un anno, con una piena incontenibile».

E questo ritorno in grande stile le sta dando molte soddisfazioni. Come la selezione per l’Artrooms international contemporary art fair for indipendent artists (la Fiera internazionale di arte contemporanea per artisti indipendenti). Nata a Londra cinque anni fa dall’intuito di tre imprenditori italiani, nel 2019 approderà a Roma. È l’unica al mondo a offrire spazi espositivi gratuiti ad artisti indipendenti, a cui sarà assegnata una stanza nella quale ciascuno allestirà la mostra delle proprie opere secondo il personale gusto o necessità espressiva, diventando poi Cicerone del percorso, accompagnando pochi visitatori alla volta, porgendo loro la sua visione o spiegando la propria tecnica.

Anna Tedone ha presentato tre suoi lavori: Mirror mirror – Addiction to death (or Solace), che rappresenta la fragilità umana e la ricerca del piacere come panacea delle sofferenze dell’anima; Il pavone, simbolo di una vanità sterile che non favorisce intimità emotiva; e Come Danae, dedicato all’abuso che spesso si consuma con l’inganno, col richiamo al mito greco in cui la figlia del re Acrisio viene fecondata da Zeus trasformatosi in pioggia.

Per un’emergente come lei, essere scelta sarebbe, «ca va sans dire, un’opportunità unica».

Nel frattempo, però, sta organizzando – a distanza – una mostra che si inaugurerà questa sera alle 18.30 in via Modesti 55, nei pressi della Cattedrale. È per lei allo stesso tempo un “ritorno a casa” e un ritorno alle origini.

È infatti la sua prima esposizione personale, allestita non solo nel paese natale, ma proprio nell’androne dell’abitazione di sua sorella Nella, la prima che abbia creduto in lei. «Un esordio che si compie proprio in casa della madrina» della sua arte e che non può che renderla immensamente felice.

Ai suoi concittadini chiede solo di darle «la possibilità di mostrare il mio lavoro a un pubblico più ampio della cerchia di parenti e amici che finora hanno avuto modo di visionare le mie opere. Vorrei invitarli personalmente a venire a visitare la mostra che si terrà per soli pochi giorni nel cuore pulsante e centro di fermento culturale della Ruvo attuale.

Il periodo natalizio è l’occasione che da sempre, come emigrante, mi ha ricondotto alle mie origini e a riunire la famiglia sotto lo stesso tetto. Purtroppo da più di una decade la mia famiglia significa solo mia sorella e la sua famiglia, essendo i nostri genitori passati a miglior vita.
Tuttavia, benché lontana da Ruvo per molta parte dell’anno da più di trent’anni, posso contare ancora su una fitta rete di amicizie autentiche che valicano i confini temporali e spaziali e rimangono intatte come il primo giorno».

domenica 23 Dicembre 2018

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