L'impresa

Michele Pagano: «La Transcontinental Race, sfida estrema che mi ha liberato da stereotipi»

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
Uomo con berretto e foglio con bolli
Transcontinental Race 9, Michele Pagano da Ruvo compie la grande impresa © Michele Pagano
Dal 23 luglio al 6 agosto, Pagano ha percorso, in bikepacking, 3500 km, partendo da Geraardsbergen, in Belgio, e raggiungendo Salonicco, in Grecia. Si è piazzato al 74esimo posto su 245 classificati, provenienti da ogni parte del mondo
scrivi un commento 931

Dalle Fiandre all’Egeo, dalle verdi colline delle terre del gotico brabantino alla Torre bianca di Salonicco, avvolta nella luce del sole e nel caldo mediterraneo: questi i paesaggi toccati dal ciclista Michele Pagano che ha affrontato, dal 23 luglio al 6 agosto, la nona Transcontinental Race, la gara ultraciclistica di resistenza in solitaria, una delle più complesse al mondo.

Pagano ha completato il percorso, di circa 3.500 km, in bikepacking, nel corso di 13 giorni, un’ora e 24 minuti, toccando i cinque checkpoint previsti dal regolamento. Si è piazzato al 74esimo posto su 245 classificati, provenienti da ogni parte del mondo.

Dopo la North Cape 4000 nel 2021, ecco un’altra sfida impegnativa, quasi “estrema”: cosa l’ha spinta a intraprenderla?

«Per me si è trattata di una sfida personale, perché è stato tutto più difficile e avventuroso. Se nella North Cape 4000 puoi fare gruppo seguendo un percorso uguale per tutti, qui devi misurarti con te stesso, creando un itinerario he contempli gli obbligatori parkour e i cinque checkpoint. Non puoi fare scia con alcuno, devi essere autonomo. In fase di preiscrizione, a dicembre, eravamo 900. Dopo aver ricevuto il manuale e aver risposto a un questionario, a metà gennaio ho ricevuto la risposta di ammissione. Sono stato uno dei 350 iscritti alla gara, fra coppie e singoli».

E così si giunge al 23 luglio, quando dal Muur van Geraardsbergen (o Muro di Grammont), in Belgio, si parte alla volta della Grecia. Il primo giorno, come documenta Pagano in un diario di viaggio su Facebook, trascorre in un clima quasi autunnale, tra piovaschi e schiarite che regalano un arcobaleno. «Molte le piste ciclabili, gli attraversamenti nei paesi sono a limite 30 e gli automobilisti sono molto disciplinati».

Il nostro raggiunge Épinal (Francia), tocca Livigno, e dopo aver superato il passo Forcola, raggiunge il Passo dello Stelvio («il paesaggio dalla cima ripaga di tutto»), poi giù a valle in direzione Slovenia, «in un percorso interamente su piste ciclabili, tra i frutteti di val Venosta e val Pusteria».

Dopo aver attraversato l’Austria e Slovenia, «su piste ciclabili ovunque, tra fiumi e boschi», Pagano entra in Croazia e passa da Zagabria: «le piste ciclabili – racconta – iniziano a diminuire ed il traffico ad aumentare, al confine bosniaco trovo 2 km di coda che supero con facilità, faccio il controllo dei documenti e proseguo». In Bosnia, «dove ci sono ancora tracce del conflitto», la «Transcontinental entra nel vivo». Proprio in questa terra, Pagano conosce uomini e donne che hanno sofferto e non hanno perso il senso della solidarietà. Come Malis, conosciuto fortuitamente.  È il sesto giorno: Pagano percorre strade sterrate, si perde e torna indietro. Cade la notte, vede una casa illuminata e bussa chiedendo a chi ci abita il permesso di dormire sotto il pergolato. «Malis racconta Pagano -, un uomo poco più grande di me, amico del proprietario, mi offre una camera nella sua abitazione. Al mattino, mi accompagna sulla strada e mi dà i suoi dati e una banconota: lo ringrazierò ancora una volta per questo».

Il viaggio prosegue, tra l’incanto della bellezza del Lago di Scutari, che divide il Montenegro dall’Albania, e alcune criticità come gli attacchi di cani randagi da cui è uscito incolume. Il decimo giorno, Pagano supera il confine con la Grecia, dove attraversa sentieri tra boschi di pino; lambisce la sacra Meteora, patrimonio Unesco, sulle cui possenti falesie di arenaria si ergono i monasteri ortodossi. Il tredicesimo giorno Pagano giunge alla meta, a Salonicco, con la sua Torre Bianca, l’arco di Galerio, e il lungomare. Sono le 23.30.
«Ricevo un abbraccio da parte degli organizzatori e subito bevo una birra. Restiamo a chiacchierare con gli altri rider fino alle 2 e poi ci riposiamo un po’ nel sacco a pelo».

Come l’ha arricchita questa esperienza?

«Ho visto nuovi posti, altre culture e ho tolto un po’ di stereotipi dalla mia mente, quelli che specialmente la Tv mette nella testa ed è per questo che la bici, mezzo dalle mille possibilità ancora sottovalutato, ti dà l’opportunità di vedere le cose in modo diverso. A me è capitato di dover chiedere “aiuto” a qualcuno e ho trovato la gente sempre disponibile».

La bicicletta, quindi, uno mezzo gentilmente rivoluzionario, che sembra tirare il buono dalle persone.

La aspettano altre sfide, anche oltre oceano. Pensa alla Panamericana, a cui aveva già accennato in occasione di Cape North 4000?

«L’idea di andare oltre oceano è sempre vivo. Per la Panamericana, strada che collega l’Alaska alla Patagonia per 28000 km, ci vogliono 6 mesi e adesso è difficile da organizzare per motivi di lavoro. Ma non impossibile. Magari, per iniziare, penso a una gara dove possano essere sufficienti 30 giorni, come la TransAmerica Bike Race. Intanto, spero in un viaggio in Italia, nel prossimo autunno-inverno».

sabato 19 Agosto 2023

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti