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Le ragioni del No dell’avvocato Antonio Stragapede: «La riforma è un tentativo subdolo di accentramento del potere nelle mani dell’esecutivo»

Mariavaleria Stragapede
Proseguono le interviste di RuvoLive.it a professionisti, artisti ed esponenti della società civile sul referendum costituzionale
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Il 4 dicembre, data in cui gli elettori saranno chiamati a esprimersi sul disegno di riforma costituzionale, è alle porte. Si tratterà inevitabilmente di un appuntamento importante per il Paese, dal momento che, in caso di vittoria del Sì, saranno ben 47 gli articoli della nostra Carta fondamentale a cambiare veste. Lo scontro nei media è serrato, complice l’inevitabile personalizzazione del confronto sulla figura del premier Matteo Renzi il quale, anche nelle ultime uscite televisive, ha sottolineato l’intento di dimettersi qualora a prevalere sarà il No. Anche al di fuori dei riflettori, non sono mancati gli spazi di discussione nell’ambito dei quali si è provato, da cittadini, ad approfondire il merito di un quesito referendario assai vasto ed eterogeneo.

Trova tutti d’accordo il fatto che questa chiamata alle urne abbia indotto molti a riparlare di Costituzione, di diritti e di democrazia. Ogni cittadino ha provato ad approfondire la questione, giungendo alla fine a una valutazione complessiva sull’opportunità o meno di approvare questa riforma.

Antonio Stragapede, avvocato civilista e appassionato di diritto costituzionale, non ha dubbi circa la sua volontà di voto, tanto che sin dalla costituzione del comitato cittadino del No, ne ha preso parte attivamente. Precedentemente ha approfondito tematiche inerenti i rapporti tra Costituzione e trattati europei organizzando convegni, scrivendo articoli e partecipando alla stesura del libro “EXIT, oltre l’euro”, edito nel 2014. Si occupa inoltre di promozione sportiva ed è il presidente dell’Ad Tennis Ruvo. Abbiamo pertanto deciso di ascoltare dalla sua viva voce le motivazioni che lo spingeranno a votare No il prossimo 4 dicembre e lo abbiamo fatto partendo dal chiedergli se, secondo lui, questa riforma sia utile nell’ottica di un cambiamento concreto.

Riforma e cambiamento

«Questa riforma è stata venduta come cambiamento, semplificazione e riduzione dei costi della politica. In realtà è una vera strategia di marketing quella posta in essere dal Governo, che ha puntato sulla voglia di cambiamento della gente; se questo ci dovesse essere, sarà in peggio. La riforma infatti andrà a incidere sull’equilibrio istituzionale che la Costituzione del ’48 ha delineato, stravolgendo quel delicato sistema di pesi e contrappesi tra poteri dello Stato che bilanciava e delimitava i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario», comincia deciso Stragapede. «La riforma in realtà  vuole costituzionalizzare un cambiamento già avvenuto nella prassi politica, dal momento che negli ultimi anni il Governo ha svilito il ruolo del Parlamento. Il vero cambio di rotta che adesso servirebbe sarebbe quello di tornare a dare centralità alle Camere, che sono il luogo in cui si esplica la sovranità del popolo, e di recuperare i valori della Costituzione, per lungo tempo annichilita».

Il bicameralismo paritario

Sulla scia, secondo Stragapede, della retorica portata avanti dai fautori della riforma, il problema da risolvere sarebbe un Parlamento immobilizzato dal sistema del bicameralismo paritario, il quale rallenterebbe la produzione legislativa. Guardando però ai dati rinvenibili sul sito della Camera, ne vien fuori una situazione ben diversa. «Dal 1996 al 2006 il nostro Paese è stato il primo in Europa in quanto a produzione di leggi e dal 2013 al 2016, durante la legislatura attuale, ne sono state approvate ben 224 (dato aggiornato al 30/06/2016, ndr). Un numero spropositato, superiore alla somma di quelle emanate dai parlamenti francese, spagnolo e inglese! Ne deriva che il nostro Paese non solo non ha un problema in ordine alla produzione legislativa, ma produce fin troppo nonostante il bicameralismo paritario». Antonio Stragapede prosegue: «Non abbiamo bisogno di un Parlamento che faccia più leggi, ma che ne faccia di migliori e questo è possibile solo se a comporre il nostro Parlamento non ci sia gente nominata ma rappresentanti eletti e capaci. Solo così è possibile migliorare la qualità delle leggi senza bisogno di stravolgere l’architettura costituzionale del ’48».

 Assetto istituzionale e nuova legge elettorale

A dire il vero, quello che più preoccupa l’avvocato, come tutti coloro che si oppongono a questo referendum, è il tentativo «subdolo e senza precedenti nella storia della Repubblica» di accentramento del potere esecutivo attraverso il combinato disposto della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale. «Resterà la sola camera dei Deputati a poter accordare la fiducia al Governo e, in base alla legge elettorale già approvata, 340 deputati su 630 saranno del partito di maggioranza; ciò metterà il Governo nelle condizioni di poter controllare la Camera stessa, l’elezione del Presidente della Repubblica e quella degli organi costituzionali di controllo. Questo è un vero pericolo per la democrazia».

A tal proposito, il nostro interlocutore ricorda la proposta di riforma costituzionale del 2006 del governo Berlusconi, alla quale lo stesso si è fermamente opposto ma che «perlomeno aveva il pregio di affermare palesemente la volontà di instaurare una repubblica presidenziale, intento che si sta cercando di tenere nascosto in questo referendum». Finalità però presente nella “Relazione illustrativa della legge di revisione”, in cui tra gli altri obiettivi si legge quello di dover adeguare “l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea”. «In parole povere, l’Unione vorrebbe esecutivi più forti e parlamenti più deboli, il che è incidentalmente lo stesso obiettivo che JP Morgan raccomandava ai Paesi dell’Eurozona come soluzione, a suo dire perfetta, per aumentare la competitività di questi Stati», fa notare l’avvocato Stragapede.

I principi fondamentali della Costituzione

Nella campagna referendaria condotta dai sostenitori del Sì i cittadini sono stati rassicurati circa la totale intangibilità della prima parte della nostra Costituzione, ovvero di quella concernente i principi fondamentali. Ma cosa ne pensa chi sostiene il No? Per loro, e in particolare per il nostro intervistato, questo non è assolutamente vero: «Quando si stravolge l’architettura istituzionale, modificando l’equilibrio tra i poteri dello Stato, inevitabilmente si incide sulla prima parte», sottolinea con fermezza. E prosegue affermando che nel caso di specie ad essere intaccato sarebbe innanzitutto l’articolo 1, dal momento che vien tolto ai cittadini il diritto di eleggere i senatori, limitando così la loro sovranità, sancita dal suddetto articolo. Non indifferente sarebbe – ad avviso del nostro interlocutore –  anche la compromissione dell’articolo 3, poiché la riforma inciderebbe sulla effettiva possibilità di perseguire quel fine programmatico del raggiungimento di un’uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini. L’obiettivo della Costituzione, mette in guardia Antonio Stragapede, verrebbe notevolmente ridimensionato dalla costituzionalizzazione dell’obbligo di attuare il diritto Ue come mission del  Parlamento previsto dai nuovi articoli 55 e 70. Egli spiega che i Trattati europei si rifanno a un’idea di Stato neoliberista che non può incidere sul mercato né regolamentarlo, e pertanto tutti i Trattati «sono in contrasto insanabile con la nostra Costituzione che al contrario afferma un'idea di Stato interventista, dirigista che regolamenta, coordina e disciplina il mercato».

«Tutti devono poter amare la nostra Costituzione»

A conclusione della nostra intervista emerge chiaro un allarme: «Le costituzioni servono a unire un popolo, non a dividerlo. Questa riforma è divisiva e se malauguratamente il 5 dicembre il Sì dovesse risultare vincente, milioni di cittadini non si riconosceranno in una parte fondamentale della Costituzione. Questo non può essere tollerato perché la nostra Costituzione rappresenta la nostra identità, la nostra Casa Comune e tutti devono poterla amare».

L’appello al voto

 «Il 4 dicembre possiamo scrivere una pagina di Storia e si sa, per citare Pasolini, che la storia non l’hanno mai scritta i cortigiani né i segretari dei cardinali, la storia l’ha scritta chi ha avuto la forza e il coraggio di votare No!».

mercoledì 30 Novembre 2016

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