Attualità

L’affidamento dei minori per garantire una famiglia ad ogni bambino.

Gino Sparapano
Al convegno tenutosi nella parrocchia San Giacomo è stasto ribadito il valore dell'accoglienza e dell'amore oblativo che la legge 149/2001 non cita letteralmente ma che traspare in ogni suo comma.
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Il Gruppo Adulti e Famiglie di Azione Cattolica della parrocchia S.Giacomo, ha voluto porre al centro della riflessione le implicazioni della legge 149/2001 "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile". L’elemento più immediato dall’applicazione della legge è la chiusura degli istituti per minori, tradizionalmente intesi e praticati, per garantire al minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti dalla medesima legge, l’affidamento ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. Ove questo non sia possibile la legge consente l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza.

Secondo alcune statistiche (in verità i dati non sono univoci tra le varie fonti) in Puglia sono 500 i minori dichiarati non adottabili ed altri 100 costretti ad emigrare in strutture lontane a causa di insufficienza di strutture ospitanti. L’emergenza è aggravata dalla difficoltà a far decollare lo strumento dell’affido e queste ragioni hanno spinto anche il nostro Vescovo, Mons. Luigi Martella, a sollecitare i gruppi famiglia delle parrocchie a farsi carico di questa problematica. Da qui l’iniziativa in oggetto, che ha visto la partecipazione di un congruo numero di coppie, con la presenza del Dott. Mauro De Cillis, Dirigente dei servizi sociali a Ruvo, dei Coniugi Felice e Angela De Candia, nonché del parroco don Giuseppe Pischetti, direttore della Caritas diocesana.

All’introduzione di Pino Del Vecchio uno degli animatori del gruppo, che ha richiamato le ragioni dell’incontro, è seguita la presentazione più che efficace della legge da parte del dott. De Cillis, da tre mesi in servizio a Ruvo, che con competenza ha soprattutto centrato i principi valoriali chiaramente sottesi alla legge, rispetto ai quali, purtroppo l’esperienza di questi anni non è stata conseguenziale. Infatti il relatore ha evidenziato come i pochi dati disponibili sul fenomeno la dicono lunga su quanto ridotta sia stata l’azione di sensibilizzazione e di coscientizzazione sul territorio, così come molto relativi sono gli esiti dell’affido rispetto ai presupposti: i minori che non rientrano nelle famiglie di origine, dopo il progetto di affido, sono in larga maggioranza; nel corso degli anni gli affidi sono in forte calo e ancor più lo sono quelli realizzati da famiglie. Circa il 25% degli affidi si interrompe prima della conclusione del progetto.

A Ruvo, in particolare, risultano attualmente soltanto due fratelli affidati ad una famiglia, segno della carente o inesistente cultura dell’affido, non promossa nemmeno dalle Amministrazioni locali succedutesi negli anni; ne è prova l’inesistenza di una banca dati di famiglie disponibili all’affido né tanto meno un regolamento per questo strumento di azione sociale. Il Dott. De Cillis ha quindi ribadito il valore dell’accoglienza e, in definitiva, dell’amore oblativo che la legge non cita letteralmente ma che traspare in ogni suo comma.

Della bellezza e anche della complessità di un’esperienza di affidamento hanno parlato i Coniugi Felice ed Angela, di Molfetta, i quali hanno narrato con molta passione gli otto anni vissuti con un ragazzo che ora è stato trasferito in una comunità barese. Hanno parlato di amore incondizionato verso un bambino che hanno accolto con tutta la sua storia familiare, molto difficile, e che proprio con questa hanno dovuto interagire continuamente in un contesto non favorevole. A progetto formalmente concluso Felice ed Angela cominciano a raccogliere i frutti della loro dedizione verso un piccolo bambino, divenuto adolescente, che manifesta oggi i valori e l’educazione trasmessa in questi otto anni. Loro hanno anche lamentato la quasi totale assenza da parte delle istituzioni, soprattutto nei momenti di maggiore crisi nei confronti della famiglia di origine, e solo il calore e la solidità della loro famiglia hanno consentito di proseguire fino a quando è stato ritenuto giusto.

Rispetto a questo, cosa possiamo fare? Alla domanda emersa nel dibattito ha dato risposta don Giuseppe Pischetti, richiamando alcuni progetti e impegni che la Caritas diocesana porta avanti da anni e rilanciati dall’Ufficio di pastorale famigliare nei ritiri di Avvento; oltre a gesti isolati o ad iniziative importanti ma occasionali (affido educativo, volontariato e collaborazione con le comunità, inserimento nelle parrocchie e oratori, animazione di feste…) serve aprire le porte delle proprie case, anzi del proprio cuore, e far spazio a quei bambini che in fondo non chiedono che affetto e cura. Le famiglie, e quelle cristiane in particolare, non possono trincerarsi dietro alle proprie comodità, o aprirsi all’esaltante accoglienza dei bambini della Bielorussia, ignorando invece la domanda di amore che proviene dalle nostre città; così come è necessario anche riservare adeguata attenzione alle famiglie di origine dei minori, attraverso una rete di solidarietà tra più soggetti. In questo possono giocare un ruolo importante le associazioni e i gruppi di famiglie.

Anno nuovo, tempo di scelte!

mercoledì 3 Gennaio 2007

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