Attualità

Ci sarà mai pace?

Nico Andriani
Un importante dibattito sul tema della guerra e sulla pace
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Il giorno 28 novembre presso l’Istituto salesiano è stato affrontato un importante dibattito sul tema dalla cronaca di guerra alla speranza di pace.
La serata si è articolata sulla visione dell’inchiesta di Rai News 24 Fallujah la strage nascosta di Sigfrido Ranucci alla presenza della giornalista freelance di guerra Barbara Schiavulli, Padre Gianni Capaccioni, missionario comboniano e Guglielmo Minervini, Assessore Regionale alla Trasparenza e alla Cittadinanza Attiva. Il coordinatore Piero Ricci, giornalista de La Repubblica (Bari) ha dato il via alla proiezione dell’inchiesta giornalistica, trasmesso giorni addietro da Ballarò su raitre.

La conquista di Fallujah da parte dell’esercito americano nell’occidente è stata vista dal buco della serratura, attraverso un solo punto di vista. I soldati americani avevano uno standard di combattente dai 18 ai 65 anni, ma appena entrati in paese si sono trovati di fronte soldati di soli 10 anni, facendo in modo che la conquista della roccaforte sunnita si trasformasse in un omicidio di massa.

In tale occasione è stato bombardato tutto il bombardabile, attraverso armi di distruzione di massa del livello di napalm e fosforo bianco, cosa che ha causato negli ultimi un giorno un aspro dibattito politico. Mentre per le vittime di questa guerra non si conosce ancora chi siano i veri responsabili.

Tutto questo dovuto alla scarsa informazione che i giornalisti riescono a reperire. Vittime della verità sono infatti risultati essere Baldoni assassinato e la Sgrena, come i giornalisti di Al Arabijah, rei di aver ricercato la verità circa le ore della conquista di Fallujah.
Tutta questa guerra rimane perciò senza testimoni, perché la stessa guerra è nata da una menzogna.

  Un rapporto del gennaio 2005 presentano distruzione di circa 3700 case, mentre le stime dei morti rimangono non ufficiali; i resti delle persone trovate per le strade di Fallujah e i sopravvissuti a quell’attacco nel frattempo presnetano strane ferite e dimensioni del cranio accresciute dopo il bombardamento e gli stessi soldati americani avvertivano i civili di disinfestare le loro case prima di rientrarvi.

I morti civili sembrano essere stati sorpresi nel momento della preghiera, i loro corpi sono fusi mentre non presentano alcun segno di ferite, così come gli animali.

Due ex marines al ritorno da Fallujah hanno voluto documentare le loro azioni su internet, prima che il governo americano oscurasse il loro sito, nel frattempo però hanno continuato a raccontare i veri istanti della guerra dei soldati americani in Iraq; Garret Reppenhagen e Jeff Englehart ricordano come durante i bombardamenti avevano difficoltà a respirare, e che hanno utilizzato armi come l’MK 77, il nuovo napalm, dopo che gli USA non hanno firmato la moratoria dell’ONU per impedire un nuovo utilizzo di questo materiale, e il fosforo bianco in quantità indiscriminate sui quartieri della città per illuminare la città e “stanare” i combattenti, mentre fin dal satellite il giorno dopo era possibile vedere le immagini di Fallujah come una città bruciata.

Il fosforo infatti colpisce le molecole d’acqua e può così arrivare a bruciare le persone ma non i vestiti, in un diametro di 150 metri.

Lo stesso bombardamento è stato decretato fin dall’inizio che dovesse avvenire dopo la rielezione di Bush.
Il documentario si chiude su due grandi questioni: l’ipocrisia di una guerra nella quale si è usato il pretesto delle armi di distruzione di massa per controllare le ricche riserve di petrolio dell’Iraq, e il fatto che ci sono immagini che non dovrebbero essere mostrate non per ciò che documentano ma perché ciò che documentano non sarebbero mai dovute accadere.

La giornalista Barbara Schiavulli in apertura del dibattito che è conseguito alla proiezione del filmato, ha ricordato in prima battuta come questo tipo di documentario seppure forte, non abbia rispettato le regole del giornalismo, che sono quelle di verificare le proprie fonti: il responsabile dell’ufficio umanitario che ha fornito le crude immagini dei morti alla troupe di RAInews 24 infatti si è scoperto essere un militante seppur moderato, e in qualche modo avrebbe potuto presentare cadaveri di periodi anteriori agli attacchi. Ciò non toglie che il problema della guerra e dei soprusi non manchino.
 
Si è da poco scoperto che all’interno del Ministero degli interni 130 persone venivano torturate da un governo che dovrebbe invece garantire la democrazia portata dalla guerra.
In questi territori tutto cresce nella paura e nella violenza e per i giornalisti, soprattutto italiani, è difficile documentare ciò che accade.

Il governo italiano infatti non vuole la presenza di giornalisti italiani in Iraq, e la stessa Schiavulli può documentare la realtà che la circonda, girando per il paese velata come un’irachena e circolando insieme ad una traduttrice del luogo. Il rapimento degli iracheni è una realtà all’ordine del giorno, a Fallujah come nelle altre roccaforti del triangolo sannita, ma purtroppo non fa notizia come i rapimenti di stranieri in Iraq.

La serata è stata pure l’occasione di presentare il suo lavoro editoriale, “Le farfalle non muoiono in cielo”, edito da La Meridiana, casa editrice molfettese, ambientato poco distante dall’Iraq; la storia toccante di Arin, una ragazza palestinese kamikaze che incontra un soldato israeliano, che compie l’”errore” di parlargli e scoprire che vale la pena vivere piuttosto che morire e la sua nuova vita dopo 30 anni di prigione.

In queste situazioni diventa lecito chiedersi se l’esercizio di alimentare la speranza di pace sia inutile, invece la risposta non sta in questa speranza ma nel fatto che la guerra non porta la pace.
Un paese apparentemente liberato dalla tirannia, si dovrebbe trovare in una democrazia, ma così non è; gli iracheni non hanno mai chiesto questa democrazia perché hanno bisogno di personaggi carismatici.

La democrazia imposta ha fatto proliferare Al Qaeda e adesso impera il mercato nero del petrolio in un paese che vi galleggia sopra, perché le riserve di una risorsa che permetterebbe al paese di vivere dignitosamente sono controllate dagli americani.
La guerra è un lavoro per tanta gente ma non per gli iracheni, basti solo pensare che i contractor, gli addetti alla sicurezza statunitensi, guadagnano 1.000 dollari al giorno!

La parola è passata poi a Padre Capaccioni, da anni operatore in Randa, specialmente negli anni della sanguinosa guerra civile (documentata anche nel film Hotel Rwanda) che ha ricordato come ci saranno sempre focolai di guerra, perché dove non c’è giustizia non c’è pace. Il vero problema è il rispetto delle dignità.

Le prime guerre nascono sempre dalla nostra cultura esclusivista, frutto dell’aggressività insista nella nostra voglia di prevaricare l’altro e metterlo in sudditanza, a partire dalla traduzione dei nomi stranieri che non ci suonano familiari.
Le nostre prime reazioni sono sempre volte all’aggressività, quando invece ci dovrebbe essere rispetto per l’interiorità, nella quale ci potremmo riconoscere figli dello stesso Padre.

In Africa i rapporti umani vengono dettati da tre tipi di relazionalità dalle quali non si trascende:

• il rispetto di una realtà invisibile che bisogna rispettare, nei luoghi (patria degli antenati) e nell’interiorità;
• la circolarità, dove il capo di un villaggio è chi riesce a far mettere d’accordo le persone tra loro, dove la pace è il bene supremo al contrario della nostra democrazia a piramide, a maggioranza, (gli antichi villaggi africani infatti in antichità avevano la forma di un uovo, a testimoniare l’armonia</strong>);
• il rispetto dell’habitat circostante (in Benin è segno di rispetto per la Madre Terra iniziare a lavorare i campi completamente nudi).

La missione finale che spetta agli organi ecclesiastici è perciò quella di umana unità tra le culture e le religioni, farne prevaricare anche solo una è una strategia da guerra.
Ha concluso il dibattito l’intervento dell’Assessore Regionale Guglielmo Minervini, che ha toccato il delicato tema delle servitù americane, cioè l’utilizzo delle nostre terre da parte degli statunitensi per scopi militari. Ultimo provvedimento è stato infatti, l’abolizione delle esercitazioni militari sulla Murgia.

In questi ultimi anni, soprattutto dopo la rottura dell’equilibrio gestito dalla strategia della guerra fredda, conflitto dopo conflitto ci si è trovati di fronte al fallimento dell’utilità della guerra, e perciò la nuova Amministrazione si pone il problema su quale sia il ruolo della nostra Regione, inserita in un’area così delicata quale quella del Mediterraneo, e farne un’arca di pace, così come diceva don Tonino Bello.

La Pace è un investimento molto più produttivo della morte provocata dai conflitti.
Infine è intervenuto don Michele Stragapede, missionario comboniano collaboratore di Padre Capaccioni, da sempre voce critica della comunità pugliese cattolica e laica, a ricordare l’urgenza di ricostruire il tessuto sociale e umano della speranza, in contrasto con la strategia di un perenne stato di guerra tenuta in mano dagli Americani; ogni anno vengono spesi 1.034 miliardi di dollari in difesa, e il 50% di questa cifra è a carico degli USA. Non basta che il G8 stanzi 50 miliardi di dollari per i paesi in via di sviluppo, perché a causa di questi grossi investimenti in termine di guerra, tali paesi sono in via di SOTTOsviluppo.

Lo stesso governo italiano investe senza problemi sui giovani che vogliono arruolarsi, spesso ragazzi del sud-Italia di estrazione medio-bassa, che possono costare solo 100 milioni di lire per risarcire un’eventuale loro perdita ai familiari.
L’obiettivo è togliere le persone e l’economia alla guerra, non pagare più 40 miliardi di euro l’anno per la Difesa Militare Armata, ma stanziare tale cifra per la Difesa Popolare Disarmata, riconosciuta dal presidente della Repubblica ma che non è ancora voce di bilancio.

Un esempio può venire dalla Puglia, che può diventare un Laboratorio della Non-Violenza.
La posta in gioco è alta e le prospettive sono tutt’altro che utopiche; se le ostilità nel mondo non finiranno, si spera almeno che non continuino solo i civili e gli innocenti sempre a pagare.

mercoledì 30 Novembre 2005

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