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Emergenza cinghiali, Mariateresa Camerino: «Noi imprenditori lasciati soli»

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
​«Mi auguro che gli enti Regione Puglia e Parco si decidano ad adottare soluzioni volte a dare sollievo alle poche aziende agricole che, con caparbietà, insistono a svolgere la loro attività nel territorio dell'Alta Murgia»
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In una lettera all’assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia, ai presidenti dei Parchi Nazionali dell’Alta Murgia, Francesco Tarantini, e del Gargano, Pasquale Pazienza, la Coldiretti Puglia denuncia ancora una volta la mancanza di una «strategia seria e condivisa» per contenere la popolazione dei cinghiali, il cui incremento incide pesantemente sull’economia locale e sulla sicurezza stradale: sono in aumento, infatti, i danni alle colture, ai manufatti e gli incidenti, alcuni dei quali con esiti fatali sia per i conducenti che per gli animali.

«Siamo alla vigilia della semina dei legumi e di una campagna cerealicola che si presenta assolutamente incerta a causa della siccità, dell’elevato costo dei carburanti e dei concimi – sottolinea Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia -. Le quotazioni dei cereali tendono al rialzo e le Istituzioni in indirizzo non possono “permettersi” di vanificare il lavoro e i sacrifici degli imprenditori agricoli, consentendo che i raccolti siano distrutti dai cinghiali o dalla fauna selvatica più in generale». A causa di una burocrazia molto lenta, sempre secondo Muraglia. Inoltre, si prosegue, in Puglia, con il lockdown per l’emergenza Covid, la situazione è diventata insostenibile nelle campagne con danni per almeno 15 milioni di euro all’anno alle produzioni agricole nonché con squilibri negli ecosistemi in aree di pregio naturalistico. Secondo Coldiretti Puglia, quindi, un’efficace misura di contenimento può essere garantita solo attraverso attività venatorie che si inseriscano nelle azioni di controllo previste dall’articolo 19, II comma della legge 157/92, teso principalmente alla salvaguardia delle colture, del patrimonio storico-artistico e del diritto alla salute in zone vietate alla caccia.  Inoltre, l’associazione di categoria sottolinea che «tanti i nodi irrisolti a cui non vi è ancora risposta. Dallo stato dell’arte del confronto tra Parchi e Regione Puglia, alla Valutazione ambientale strategica del Piano di Monitoraggio e Gestione della specie cinghiale; dall’attuazione della delibera di Giunta che ha previsto una procedura regionale informatizzata per consentire ai proprietari dei fondi di inoltrare la richiesta di intervento di controllo sui terreni “a rischio” al Regolamento regionale per l’attività della caccia di selezione, fino all’Albo regionale dei cacciatori abilitati alla caccia di selezione, di cui non vi è ancora traccia».

Intanto, con deliberazione di Giunta regionale n. 156 del 27 settembre 2021 è stato avviato l’iter di formazione del Piano e della Procedura Vas. Primo step è stata proprio l’elaborazione del “Piano di monitoraggio e gestione del cinghiale in Puglia”, a cura del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Bari. Inoltre, è stato predisposto il Rapporto Preliminare di Orientamento del processo di Vas che  ha lo scopo di aprire una fase di consultazione pubblica sullo strumento di programmazione. Il Parco dell’Alta Murgia, d'altro canto, sta operando un monitoraggio della specie e sta attuando il progetto pilota  FiCiPAM, che punta a realizzare una filiera sostenibile del cinghiale con sistemi innovativi di cattura, macellazione e impiego in sicurezza delle carni. 

Ma dell’emergenza “cinghiali” ne parliamo con la giovane imprenditrice ruvese Mariateresa Camerino. La sua esperienza è esemplare delle tante difficoltà affrontate dagli operatori del comparto agricolo, che convivono con questo problema, soprattutto nell'Alta Murgia.

Condivide l'allarme lanciato da Coldiretti e da altre associazioni di categoria relativamente alla presenza massiva di cinghiali in Puglia e, nello specifico, nel Parco dell'Alta Murgia?

«Si, la condivido pienamente, soprattutto in questo preciso periodo storico che stiamo vivendo. La guerra in Ucraina deve insegnare a riprendere nelle nostre mani di imprenditori agricoli la produzione di materie prime indispensabili alla nostra stessa sopravvivenza come grano, orzo, avena, leguminose da granella e foraggio per l’allevamento zootecnico. La presenza dei cinghiali elimina drasticamente la possibilità di portare a compimento il ciclo produttivo di queste materie prime, oggi indispensabili, e che l’Ucraina nostro fornitore non potrà più garantirci e assicurarci. L’elevata presenza dei cinghiali nel territorio del Parco dell’Alta Murgia impoverisce lo stesso e lo rende degradato lasciandolo alla mercé di attività criminose allorquando le aziende agricole sono costrette ad abbandonare l’attività di allevamento e di coltivazione storicamente svolte, ma impedite dalla presenza degli ungulati».

Da imprenditrice che opera nell'Alta Murgia quale è la sua esperienza?

«La mia esperienza è altamente negativa. La presenza dei cinghiali impedisce all’azienda della sottoscritta di coltivare leguminose da granella perché altamente appetibili dai cinghiali presenti, capaci di distruggere un intero seminativo con la loro azione di grufolamento nel giro di qualche ora. Il danno che l’azienda riceve è un danno economico elevato: spese per l’acquisto del seme, spese sostenute per la preparazione del terreno, per la messa a dimora del seme, l’impossibilità di rispettare una delle condizioni fondamentali del metodo dell’agricoltura biologica che prevede la rotazione delle colture con le leguminose da granella in sostituzione della concimazione chimica del suolo».

Come viene gestita, secondo lei, l’emergenza?

«Il problema non viene gestito. Il Parco, trincerandosi dietro il divieto di caccia perché zona protetta, ha lasciato che il numero degli ungulati raggiungesse un limite insopportabile per il territorio, ma anche la Regione Puglia, pur avendone i mezzi per intervenire e adottare misure idonee a contenere il numero degli ungulati, ha preferito ignorare il problema e lasciare che le aziende agricole subissero e continuassero a subire i danni alle loro attività, impoverendole ingiustificatamente. Io da imprenditrice mi auguro che gli enti Regione Puglia e Parco si decidano ad adottare soluzioni volte a dare sollievo alle poche aziende agricole che, con caparbietà, insistono a svolgere la loro attività nel territorio dell’Alta Murgia».

Secondo lei quale sarebbero le soluzioni per risolvere o almeno diminuire l'impatto che i cinghiali hanno sul territorio?

«Alla luce delle misure adottate dagli altri Parchi nazionali in conformità con le disposizioni date dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) l’unica possibile misura per contenere questi ungulati importati dai paesi dell’Est a favore dei cacciatori è l’abbattimento selettivo. In alternativa proporrei la chiusura di tutti i cinghiali all’interno di un bosco recintato di proprietà della Regione Puglia così da non arrecare danni alle colture. Naturalmente, in quest’ultima ipotesi, Parco e Regione dovrebbero prendersi l’onere di alimentare gli ungulati che invece oggi si alimentano a spese degli agricoltori».

Il Parco dell'Alta Murgia ha introdotto, a settembre 2021, nuovi criteri per l'indennizzo dei danni da fauna selvatica. Sono utili?

«No, non sono utili per la semplice ragione che l’agricoltore ha diritto a un risarcimento del danno, come ha sentenziato il Giudice di pace di Trani in una recentissima sentenza, e non a un banale indennizzo di poche centinaia di euro quale è quello offerto dal Parco».

venerdì 6 Maggio 2022

(modifica il 17 Maggio 2022, 15:54)

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