Cultura

Il professor Antonio Iurilli: «Il rapporto di Domenico Cotugno con la morte in due documenti»

La Redazione
Nel saggio "Cotugno e la morte", il professor Iurilli presenta il testamento del medico ruvese, della cui morte quest'anno ricorre il bicentenario, e la polizza funeraria
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«Nei giorni in cui si commemora la morte per antonomasia, ho piacere di offrire ai lettori due documenti che
illuminano il rapporto con la morte di un grande Ruvestino del passato». Così il professor Antonio Iurilli parlando di Domenico Cotugno, il medico ruvese della cui morte, avvenuta il 6 ottobre 1822, quest'anno, ricorre il bicentenario. Vi presentiamo, quindi, il saggio "Cotugno e la morte". 

«In questi giorni di Passione, nei quali la Cristianità ripensa al valore della morte come strumento di rinascita e di riscatto, possono offrire spunti di riflessione su un tema centrale e universale della vita umana (la morte, appunto) alcune "curiosità", alcune "spigolature" tratte dall’archivio di un grande Ruvestino, Domenico Cotugno, che in ragione della sua professione e della sua cultura scientifico-filosofica, non ha potuto non avere con la morte un particolare rapporto emotivo e intellettuale. Come si è preparato alla morte, almeno formalmente, un longevo medico-scienziato professionalmente assuefatto al dramma umano e morale del trapasso, e frattanto, amico dei giacobini napoletani protagonisti della rivoluzione del 1799, culturalmente conquistato alla laicità, all’ottimismo della scienza sperimentale, all’antidogmatismo, all’immanenza della filosofia illuministica? In coincidenza con il bicentenario della sua morte (6 ottobre 2022) e in attesa che maturino eventi culturali cittadini che lo ricordino e ne divulghino presso le nuove generazioni la statura europea, affiorano dal suo sterminato archivio due documenti che illuminano, da versanti diversi ma convergenti, il suo rapporto con la fine della vita biologica, con quella fine che il suo diuturno impegno di medico e di scienziato ha cercato di ritardare in migliaia di pazienti, e che a lui è giunta alla veneranda età di ottantasei anni. Si tratta del suo testamento e della "polizza funeraria" che egli stipula con una confraternita specializzata nell’allestimento delle esequie. Entrambi gli atti precedono di ben due anni la sua morte e certificano la sua volontà di pianificarne per tempo i risvolti familiari e pubblici. Da entrambi i documenti affiorano sentimenti nobilmente cristiani e filantropici, che fanno ancor più grande la statura morale di questo nostro concittadino.

Il testamento data 18 agosto 1820. L’atto, rogato a Napoli dal notaio Nicola Cerbino, documenta la sua volontà di rendere “erede e legataria” del suo patrimonio la consorte, donna Ippolita Ruffo, duchessa di Bagnara, ma beneficiari della sua ragguardevole fortuna furono anche l’Ospedale degli Incurabili e i nipoti, i quali peraltro impugnarono il testamento ritenendo che la Duchessa avesse influenzato la volontà del marito, ormai gravemente ammalato, e lo avesse costretto a fare "testamento mistico". Patrocinatore dei ricorrenti presso la Suprema Corte di Napoli fu Giovanni Jatta senior, loro prozio. Gli atti della resistente furono raccolti nel II vol. della silloge Per la Signora Duchessa di Bagnara D. Ippolita Ruffo contra i presunti eredi legittimi del fu cavaliere D. Domenico Cotugno. Nella Suprema Corte di Giustizia, Napoli, Tipografia di Angelo Trani, 1825, nella quale, alle pp. 3-7, è pubblicato il testamento, che qui si riproduce. Le parti in corsivo corrispondono a quelle che nell’esemplare di stampa sono sottolineate. A titolo puramente indicativo preciso che un ducato corrisponde approssimativamente a cento euro:

Io qui sottoscritto dottor fisico Domenico Cotugno del fu Michele nativo del comune di Ruvo in Bari, stabilito in Napoli dalla mia adolescenza alla professione medica, prendendo in considerazione lo stato fragile e caduco della umana natura, e la incerta ora e punto di mia morte, ho stimato cosa conveniente, ora che mi trovo sano di corpo, di mente ed intelletto, e nel retto uso di mia ragione, di disporre de’ miei pochi beni ed averi di mia proprietà e libera disposizione, acquistati con la professione medica, acciò negli ultimi momenti della mia vita sia intento soltanto al pensiere nella salute eterna dell’anima mia, e non venga distratto da alcun terreno oggetto.

E quindi intendo e voglio, che sia ed esser debba mia erede e legataria la signora donna Ippolita Ruffo duchessa di Bagnara mia amatissima consorte di lei vita durante dell’annua rendita e fruttato dei miei stabili e capitali, esistenti non meno in Napoli e sue adjacenze, che ne’ comuni della provincia di Terra di Lavoro e Capitanata, che a maggior chiarezza delle cose ne fo la descrizione, cioè del fondo di Ripatetta in Lucera, al presente di rendita annui ducati 2.000 e più; dell’annua rendita del capitale di ducati 1.500 a causa della vendita seguita per tale somma del casamento in S. Antonio Abbate, luogo detto le Centrangolelle, del capitale di ducati 1.500 ultimamente impiegato con Luigi Nicola Monaco; de’ capitali conseguendi dal marchese Ferrante, dal cavaliere Cuomo, da Giordano di Cava, non che di altri miei crediti esistenti in provincia di Napoli e Terra di Lavoro, come ho detto</em>; debba eziandio essa signora duchessa esigere e godere anche di lei vita durante soltanto gli annui ducati 156 di diversi censi in Vico Equense, e gli annui ducati 735 sul gran libro del debito consolidato, ancorché siano frutti antecedentemente maturati e non esatti su di tali fondi e crediti.

Della proprietà poi di tutti gl’indicati beni stabili, capitali, censi in Vico Equense, degli annui ducati 735 sul gran libro consolidato, e del credito di ducati 1.500 provveniente dalla vendita, di cui ho disposto, come ho detto, il fruttato a pro della signora duchessa di lei vita durante, ne istituisco e fo erede la Real Casa Santa degl’Incurabili di Napoli per accrescimento de’ di lei proprj beni addetti a’ poveri, la quale proprietà verrà consolidata col fruttato ad essa Real casa santa dopo la morte (che sia lontana) di detta signora duchessa mia consorte.

Più istituisco e fo eziandio mia erede e legataria la medesima sig. Duchessa di lei libero ed assoluto dominio e proprietà tanta della casa e masseria sita sulla real villa di Capodimonte luogo detto Miradois in tutta la estensione e membri della medesima annessi, quanto di tutti e singoli miei beni mobili di ogni natura e condizione, sia oro, argento, tabacchiere, orologi, danaro contante, o in polizze firmate o non firmate, esigenze, frutti arretrati e non esatti, libri, carrozze, mule, utensilj di scuderia, rame e vestimenti, biancherie, letti, quadri; in conseguenza di tutto ciò e quanto dopo mia morte si rinverrà di mobili e suppellettili di casa anche nell’appartamento inferiore alla mia abitazione, senza la minima eccezione, distinzione e natura, siano antiche e musaiche, ed a seconda del comune detto dalla stalla al tetto a porta chiusa, debba di tutto la medesima esserne libera dispotica padrona, da farne l’uso che meglio le piacerà senza renderne conto ad alcuno per esser così la mia espressa volontà.

In quanto poi a’ beni immobili siano rustici, siano urbani, capitali, ed averi pure di mia proprietà e libero acquisto non meno in Ruvo mia patria e sue adjacenze, che in altri luoghi e comuni della provincia di Bari, ne istituisco e fo erede il sig. d. Vincenzo Cotugno mio germano fratello in usufrutto tantum di lui vita durante, e proprietarj i signori d. Pietro, d. Raffaele, d. Vito Paolo e d. Domenico Cotugno miei nipoti figli di detto mio germano d. Vincenzo. Il quale mio fratello d. Vincenzo goderà benvero però di detto usufrutto in unione de’ mentovati suoi figli d. Pietro, d. Domenico, e d. Vito Paolo soltanto; menoché di d. Raffaele ammogliato, e provveduto di assegnamento.

E come che si ritrova da me fatta donazione irrevocabile tra vivi al detto mio nipote d. Raffaele di diversi beni immobili sistenti in Ruvo nella medesima descritti a causa di matrimonio con atto del dí 1° dicembre 1819 stipulato avanti notar Nicola Cerbino di Napoli conservatore del presente, la quale anche col presente gli confermo; ma però con la istessa espressa legge, patto e condizione in detta donazione contenuta, e che del pari intendo ripetere e voglio che abbia ad eseguirsi, che venendo a mancare detto mio fratello d. Vincenzo, ed in conseguenza consolidata la proprietà coll’usufrutto in persona di essi miei nipoti, sia tenuto e debba detto d. Raffaele mettere in collazione detta quota di proprietà de’ beni contenuti in detto atto di donazione, non ostante che la medesima sia stata fatta a causa di matrimonio, essendo questa la mia espressa e determinata volontà.

A titolo di particolar legato lascio al detto mio nipote d. Pietro Cotugno ante partem con la dispensa della collazione l’usufrutto di lui vita durante soltanto del mio podere in tutta la sua estensione denominata Pilarotta sistente in Ruvo, in dimostrazione della mia gratitudine per avermi assistito in tutti gli affari ed interessi con amore ed impegno; ed altresì lo stesso mio nipote d. Pietro debba pure di lui vita durante tantum far uso ed avvalersi del cellajo sotto la mia casa in Ruvo situata nella piazza pubblica, e quando mai voglia ripatriarsi dopo mia morte, se gli debbano della mia erede usufruttuaria dare duc. 200 per lo viaggio; ma avvenendo tal caso del ripatrio del detto d. Pietro dopo la morte (quod absit) di detta sig. Duchessa, tali ducati 200 se gli debbano dare e pagare da detta Real casa santa degl’Incurabili mia erede proprietaria.

A tutta la gente attuale al mio servizio, cioè Michele Ripucci, Giambattista Valnuhi [sic], Salvatore d’Agostino cocchiere due mesate per caduno, oltre la corrente, da pagarsili nel corso di due mesi dopo mia morte, ed a Giacomo il coco qualche dimostrazione ad arbitrio della signora duchessa.

Incarico e prego la signora duchessa il prosieguo delle piccole limosine a lei note a povere vedove, ed altresí sarà a carico della stessa signora duchessa mia erede, o di chi altro sarà al possesso della proprima de’ miei beni sistenti in Napoli, dopo la di lei morte (che sia lontana), il pagamento del supplemento del patrimonio sagro in annui ducati 32, di cui me ne sono obbligato al sacerdote d. Raffaele Campese.

Memorando le non poche obbligazioni contratte verso il detto notar Cerbino in diverse occasioni, perciò al medesimo lego ducati 100, e ciò oltre a quanto gli spetta pel presente testamento.

Dottor fisico Domenico Cotugno ho disposto come sopra.

Questa invece la "polizza funeraria" stipulata da Cotugno con accurata precisione e dovizia di dettagli affinché nulla manchi al funerale di un assoluto protagonista della vita istituzionale e culturale della città, ed emerga il valore sociale della pompa funebre in una società ancora intrisa della spettacolarità devozionale spagnola, senza tuttavia trascurare il valore esemplarmente cristiano della morte:

Si è ricevuto per beneficio delle Reali Chiese e Congregazione di S. Maria di Vertecoeli e Pianto il Sig. D. Domenico Cotugno per la gran divozione che conserva verso le SS. Anime del Purgatorio, al quale si promette far godere quel tanto che godono gli altri Benefattori ascritti alla medesima, cioè in tempo di sua morte se li farà dalla detta Real Congregazione l’Esequie consistente dell’Associamento della Confraternità della medesima, apparato in Casa consistente in una Stanza di controtagli, Letto mortorio con quattro Sblendori con torci di libra uno per ciascuno, un Altarino con suo finimento con quattro Candele di once tre l’una, Cassa e Coltra rigamata, facchini, sepoltura e cento Messe che immediatamente se li faranno celebrare in detta Real Chiesa, con godere tutt’i suffragi che in detta Congregazione si fanno, coll’Anniversario dell’Ottavario della Commemorazione de’ Fedeli Defonti. Ed ha pagato per dritto di sua entratura la somma di docati [] ha con sua polizza a dì 29 febbraio 1820 [] di altri carlini 24 [] avendo adempito a tutti i requisiti richiesti nell’appuntamento del dì primo agosto 1776. Napoli 27 marzo 1820.

 

Li Governatori delle Reali Chiese

e Congregazione di S. Maria di Vertecoeli,

Pianto e Santa Croce al Mercato

Napoli, Biblioteca Nazionale, ms. S. Martino 394, n° 135

(le parti in tondo corrispondono a integrazioni manoscritte;

i punti sospensivi corrispondono ad alcune integrazioni manoscritte

illeggibili per deterioramento del materiale scrittorio)

La Chiesa e Congrega di Santa Maria Verteceli, così denominata forse da una famiglia Verteceli o dal titolo in vertice celi, sorse a Napoli nel XVII secolo come cappella con congrega per il suffragio dei defunti tramite elemosine. Fu rifatta nel 1735 su disegno di Bartolomeo Granucci, il quale fornì anche i disegni degli stucchi esterni, che conservano, insieme ai battenti degli ingressi ornati da disegni composti da simboli penitenziali della Passione e dai simboli della morte, nonostante l’attuale stato di abbandono, un particolare pregio decorativo. La sua attività devozionale verso i defunti cessò col terremoto del 1980, che la danneggiò seriamente.

La Stanza di controtagli è la stanza della dimora del defunto destinata ad accogliere il feretro nei giorni dell’ostensione pubblica. Veniva addobbata (ed è uno dei servizi "di lusso" che la Confraternita si impegna a fornire a Cotugno) con drappi di velluto nero tessuti ortogonalmente, longitudinalmente e diagonalmente ("di controtaglio"), in modo che producessero effetti di lucentezza chiaroscurale nella penombra rischiarata dalla luce degli "sblendori". Ai vertici del Letto mortorio erano previsti quattro candelabri di cera a forma di torcia, dei quali viene puntualmente garantito il peso, e dunque la dura in rapporto al tempo di ostensione della salma. L’Appuntamento (calco del francese "appointement") è il protocollo approvato dalla Confraternita che regolava contrattualmente l’erogazioni dei servizi funebri».

venerdì 15 Aprile 2022

(modifica il 17 Maggio 2022, 16:00)

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