Cultura

L’Inferno della pittrice Anna Tedone per una nuova edizione della Divina Commedia

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
​L'artista, ruvese di nascita e svizzera di adozione, è stata invitata a rappresentare un Canto della grande opera di Dante Alighieri: ha scelto il tredicesimo, il canto della selva dei suicidi
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“La selva dei suicidi” è l’opera della pittrice Anna Tedone, ruvese di nascita e svizzera di adozione, selezionata, insieme a quelle di altri artisti, per illustrare  la Divina Commedia, edizione curata dal critico e storico dell’arte Giorgio Grasso, per celebrare il 700esimo anniversario della morte di Dante Alighieri.

Seguirà una mostra che toccherà Firenze che diede i natali al Sommo Poeta; Venezia, la cosmopolita città dove si recò in missione diplomatica su mandato di Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna e, infine, proprio la città romagnola dove si era stabilito in precedenza, nel 1318, e dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.

Tedone ha scelto di illustrare il tredicesimo Canto dell’Inferno, il canto dedicato ai suicidi, dei “violenti contro sé stessi”, gettati, per volere del giudice Minosse, nel secondo girone del settimo cerchio, e trasformati immediatamente in parossistici alberi antropomorfi, dileggiati e tormentati dalle Arpie.

«Ho scelto questo Canto perché mi ispirava – confida la pittrice –. L’idea del tormento è molto bene espressa dalle Arpie che spezzano i rami delle piante in cui sono stati trasformati i suicidi. Una continua sofferenza che ricorda loro di aver posto fine alla propria vita senza averne il diritto, perché, per i cristiani, la vita dell’uomo appartiene solo a Dio».

Nel quadro (80×120), un dipinto a olio in cui i colori virano dal rosso al bruno, passando per la gamma dei grigi, è espressa l’angoscia, la rabbia, la disperazione di chi si è tolto la vita ed è imprigionato in tormentati ricordi. Volti scavati e disperati si trasformano gradualmente in teschi, alcuni dei quali si mimetizzano tra le radici degli “sterpi”.

E proprio dipingere questi particolari è stato particolarmente intenso per Tedone che si è dedicata al lavoro nell’arco di tre mesi.

«Le velature per poter realizzare le radici e le piante in diverse tonalità sono state molto impegnative» confida.

Nel quadro non sono raffigurati Dante e Virgilio, ma si può immaginare come uno di quegli alberi martoriati sia Pier Della Vigna che Dante onora, attraverso un dialogo carico di pietas. L’uomo era un dignitario di corte molto stimato da Federico II di Svevia. Poiché fu accusato ingiustamente – secondo il Sommo Poeta -, di alto tradimento, per dimostrare la propria innocenza si tolse la vita.

E dato che il caso sa anche creare armonici legami, con Elena Silvana Saponaro, direttrice del Museo Archeologico di Altamura, la città a cui Federico II ridiede vita e splendore (Federicus me reparavit si legge sullo stemma della Città) si sta discutendo della possibilità di esporre il quadro nell’ambito delle celebrazioni del 700esimo anniversario della morte di Dante.

Altri progetti sono in vista per Anna Tedone: una personale a Pietroburgo e a Mosca; il Premio Artista d’Italia a cui parteciperà col dipinto “We’ll hug again”</em>; il Premio Internazionale Michelangelo-Art Now dove concorrerà con “Strenght”.

domenica 18 Aprile 2021

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