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Emergenza cinghiali: il Parco dell’Alta Murgia chiede azioni urgenti

La Redazione
​Da oggi attivi 40 volontari, oltre a tecnici dell'Ente, per il censimento della popolazione ungulata e l'incremento del piano di cattura. Il vicepresidente Cesareo Troia: «Siamo sempre soli​»
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Quaranta volontari, oltre ai tecnici dell’Ente, per aggiornare il censimento della popolazione ungulata esistente nel Parco dell’Alta Murgia, attività di selecontrollo affidate ai Carabinieri Forestali anche sulle aree contigue. Si lavora a misure nuove e straordinarie come queste per affrontare l’emergenza cinghiali, misure nelle quali il Parco è sempre stato in prima linea perché subisce un doppio danno. Infatti, oltre a dover indennizzare gli agricoltori – le cui colture vengono distrutte dai cinghiali con picchi massimi, in particolare, per cereali e legumi a giugno e mandorleti e vigneti ad agosto – subisce i danni provocati alle biodiversità esistenti all’interno di quella che è l’area rurale protetta più grande d’Italia.

In questa battaglia però l’Ente Parco non può essere lasciato solo.

Per questo il vicepresidente Cesareo Troia chiede misure straordinarie e soprattutto chiede un coinvolgimento istituzionale ampio. Perché, in solitudine, il Parco non può fare ancora molto nella lunga e complicata battaglia contro l’emergenza cinghiali. «Noi siamo sempre stati in prima linea in questa battaglia – dichiara -. Abbiamo messo a punto e attuato un nostro Piano di gestione della specie cinghiale, che stiamo aggiornando con nuove strategie di contenimento. In questi anni abbiamo definito e attuato, e stiamo tuttora attuando, dopo averlo concordato con l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), un piano triennale di catture, traslocamento e macellazione dei cinghiali in aziende venatorie del centro Italia. Abbiamo anche dovuto superare, sul punto, una serie di difficoltà legate a regole sanitarie, tracciabilità delle carni e così via, insomma siamo un riferimento almeno in Puglia. Ora però dobbiamo continuare ad affrontare questa emergenza, ma siamo sempre soli. Perché fuori del perimetro del Parco non ha fatto niente nessuno e occorre invece un coinvolgimento maggiore. Il problema è ormai diffuso a tutto il territorio italiano, ma gli altri Enti non hanno adottato alcuna strategia di contenimento».

Per questi motivi il Consiglio direttivo dell’Ente ha approvato un quadro di azioni innovative che ha sottoposto all’esame della Comunità del Parco. Vi sono previste nuove strategie di contenimento da attuare sostenendo, insieme alla regione Puglia, l’azione di una filiera corta delle carni in cooperazione con gli operatori agricoli, limitando i danni alle colture agricole, prevenendo gli incidenti stradali e attenuando il conflitto sociale. Per la loro attuazione è necessario, secondo Troia e il direttore del Parco Domenico Nicoletti, anche aggiornare i dati del censimento sulla popolazione ungulata esistente nel Parco e per questo, già nei prossimi giorni, verranno impegnati 40 volontari ed esperti tecnici; poi si lavorerà al coinvolgimento in queste attività anche dei Carabinieri Forestali per le operazioni di repressione e selecontrollo; si chiederà per le aree poste ai confini del Parco la collaborazione anche dei cacciatori residenti.

Il piano di azioni propone dunque, nell’immediato, di regolamentare, da parte della regione Puglia, le aree contigue al Parco in cui esercitare la caccia; di concordare una strategia nazionale di gestione del cinghiale tra Anci (Associazione dei Comuni italiani) e Federparchi; di attuare azioni urgenti di contenimento coinvolgendo gli agricoltori nell’individuazione, segnalazione ed eventuale cattura dei cinghiali; infine di impegnare la regione Puglia ad attivare, con le Aree protette, filiere corte per valorizzare e certificare, a cura delle Asl, la carne di cinghiale nella ristorazione e nella trasformazione locale.

mercoledì 21 Febbraio 2018

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