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I Lobascio, una famiglia internazionale

Elena Albanese
Mana, thailandese di Chiang Mai, fino all'8 luglio è ospitata a Ruvo grazie a un progetto di Intercultura
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I signori Lobascio hanno tre figli, anzi quattro. L'ultima arrivata è Mana, thailandese nata a Phuket e residente a Chiang Mai, a Ruvo per un progetto di scambio targato Intercultura.

È atterrata nel nostro Paese il 5 settembre scorso, «proprio nei giorni in cui a casa nostra si fa la salsa» e, anche per questo, all'inizio era molto spaesata, racconta mamma Angela. «È la festa dei pomodori?», chiese all'epoca in inglese. Oggi invece, dopo quasi dieci mesi, adora la cucina nostrana, soprattutto la pizza, che si cimenta anche a preparare, ed è perfettamente a suo agio con l'italiano anche se le si chiede cos'è «la carta stagnola».

Il merito di questo incontro di vite e di storie è principalmente della giovane Caterina che, non riuscendo a convincere i genitori a farla partire per un'esperienza all'estero, ha cominciato un vero e proprio «marcamento a uomo» per ottenere almeno la possibilità di ospitare.
E alla fine, con la complicità del gemello Pippo e della sorella più grande che vive a Milano, fortunatamente ci è riuscita.

Ora i più entusiasti sono proprio la signora Angela e il signor Pasquale, perché, a dispetto degli imbarazzi iniziali e della necessaria «ricerca di un nuovo equilibrio in famiglia», Mana «è diventata una di noi. È stato come prendere un pezzo di un altro mondo e portarlo qui. Un'emozione unica!». L'emozione traspare soprattutto dai loro occhi, mentre seduti intorno al tavolo di casa mi raccontano gli innumerevoli ricordi di questo anno che volge purtroppo al termine. Sono andati tutti insieme a Milano a visitare l'Expo, dove sono stati ospiti d'onore nel padiglione della Thailandia, e hanno scelto proprio questa immagine solare per rappresentarli.

«Qui è molto bello e imparo la lingua», spiega Mana, che però, a detta dei Lobascio, parla correttamente già da Natale scorso. Ama «la vita molto tranquilla» del nostro paese, lei abituata a vivere in una metropoli da oltre un milione di abitanti, in cui «la scuola inizia alle sette di mattina e finisce alle cinque di pomeriggio. Mi piace qui, perché lì ero sempre in movimento e non avevo il tempo per la mia famiglia», dice. Una famiglia molto diversa da quella che ha trovato a Ruvo: «Io in Thailandia non ho una mamma e qui ce l'ho», spiega commossa Mana, mentre alla signora Angela si inumidiscono visibilmente gli occhi. «È una ragazza bravissima», riesce a dire, poi racconta di quando è venuto a trovarla il suo papà, all'emozione di un incontro breve ma intenso e di una cena consumata tutti insieme. Mana è sempre stata abituata a viaggiare, in Italia per esempio ha già visitato Venezia, Roma, Firenze. Spesso esce anche con i suoi amici di Intercultura, ragazzi come lei ospitati dalle famiglie delle province di Bari e Bat.

Dice che questo è «l'anno migliore della mia vita» e ora che si avvicina l'8 luglio, data della partenza, i Lobascio immaginano già il vuoto della sua assenza. Mana promette che tornerà, e nel frattempo le distanze si colmeranno grazie a internet, ai social network e alle videochiamate su Skype.

E magari, per mantenere viva e intatta la memoria di questa esperienza, Mana sfoglierà il diario in cui ogni giorno scrive, raccoglie e custodisce gelosamente i suoi ricordi.

giovedì 23 Giugno 2016

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Luigi Tedone
Luigi Tedone
7 anni fa

Complimenti alla famiglia Lobascio. Una grande gioia, frutto della condivisione di un tratto della propria vita con le diversità intese come arricchimento. Veramente ammirevole la vostra esperiena e se mi consentite, mi sento un poco orgoglioso per essere stato il maestro di due birbantelli: Pippo e Caterina. Auguroni per il vostro avvenire e salutoni a tutta la famiglia

Giovanni Strippoli
Giovanni Strippoli
7 anni fa

Per chi non lo sa io sono il nonnostro di Mana nonno acquisiTo e anche. ’Io avevorrei delle enormi perplessità ma dopo pochi giorni dal suo arrivo nella nostra famiglia ma conoscendo Mana la sua dolcezza e i suoi modi un po orientali (ricordo che il giorno che incontrai mi fece un segno d’inchino) mi fecero cadere tutte le perplessità. Quindi una esperienza .

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